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Generali, Unicredit studia le prossime mosse

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Si fa più difficile scalzare Maranghi. Martedì il cda della compagnia di Trieste

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All'indomani del consiglio d'amministrazione di Mediobanca che ha rinviato a data da destinarsi il confronto sul Leone e sulle altre partecipazioni di Piazzetta Cuccia, il fronte guidato da Unicredit è impegnato, con l'aiuto dei legali, a valutare quale strada seguire nella battaglia sul Leone, mentre emerge qualche segno di incertezza sugli strumenti più efficaci per scalzare la resistenza dell'amministratore delegato di Mediobanca, Vincenzo Maranghi. Per la nuova riunione del board, secondo Fabrizio Palenzona, «non è ancora stata prevista una data, il giorno verrà stabilito dal presidente, e comunque - ha aggiunto il vice presidente di Unicredit e consigliere di amministrazione di Piazzetta Cuccia - ci vorrà almeno un mese». Maranghi, da parte sua, potrebbe riuscire a riottenere per la prossima assemblea del Leone, il 26 aprile, il diritto di voto sull'intera partecipazione del 13,6% nelle Generali con lo scongelamento del 2% da parte dell'Antitrust. A breve dovrebbe infatti essere inoltrata la domanda all'autorità guidata da Giuseppe Tesauro, dal momento che si sarebbe concluso il passaggio di 100 milioni di crediti vantati da Piazzetta Cuccia verso Fondiaria-Sai a Interbanca, BdS e Carifirenze. Già nei prossimi giorni e forse prima del cda delle Generali, convocato martedì a Milano, potrebbe intanto tenersi un vertice, che non risulta peraltro fissato, fra i rappresentanti di Piazza Cordusio e quelli di Capitalia e Mps, soci del patto di consultazione che racchiude l'8,5% del gruppo triestino. Un incontro che è tuttavia subordinato agli orientamenti che emergeranno sulle mosse da intraprendere. Allo studio, in particolare, c'è l'invio di una lettera con la richiesta al consiglio di amministrazione della compagnia di inserire all'ordine del giorno della prossima assemblea del 26 aprile, o in un'apposita assemblea dei soci, la richiesta di cambiare il cda. Un'ipotesi questa, in mano ai soci che detengono almeno il 10% del capitale, che è al vaglio dei legali per valutare le implicazioni di un eventuale no del Cda presieduto da Antoine Bernheim, che potrebbe far slittare i tempi e quindi sconsigliare a priori o far rinviare a fine mese l'iniziativa delle banche. Resta sul tavolo intanto la questione del futuro assetto di Piazzetta Cuccia con il ridimensionamento della presenza di Capitalia e Unicredit e l'apertura a nuovi soggetti, come le popolari. A questa progetto continua a lavorare il presidente del patto Piergaetano Marchetti, con l'obiettivo di salvaguardare l'autonomia dell'istituto e le sue professionalità. Sugli schieramenti in campo è stata fatta un po' di luce giovedì scorso, quando nel polo gravitante su Unicredit ha preso forma un patto di consultazione a tre, che vincola una quota dell'8,46% del Leone triestino. A fianco di Unicredito (quota al 3,49%) sono allineati in prima fila Capitalia (al 2,018%), Mps (al 3,122%) e gli azionisti di riferimento di piazza Cordusio, con in testa la Fondazione Cariverona (all'1,91%). Banca Intesa controlla l'1,9% del Leone di Trieste mentre è, a sua volta, partecipata al 5,7% da Generali.

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