Le memorie del " prefetto di ferro"
Memento Mori
Il libro più bello di questa estate è “Con la Mafia ai ferri corti”. Non è una novità, è uscito nell’aprile del 1932, non è neppure una riedizione piuttosto una “ristampa”, squisitamente militante, ed è – oggi che le cronache tornano sulla trattativa Stato-Mafia – la bussola su cui orientare l’azione di tutti contro la criminalità organizzata. È il libro di Cesare Mori, il Prefetto di ferro. Nessuno – tanto meno il suo editore storico, Mondadori – ha mai pensato di ripubblicarlo per non divulgare il segreto dei segreti: e cioè che solo il fascismo ebbe a stanare la Mafia incarcerandone e uccidendone i capi, facendone scappare altri fin negli Stati Uniti da dove poi sarebbero tornati alla testa della “liberazione”, i famosi paisà con le Stelle & Strisce. A differenza di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e di tutti gli altri martiri nella lotta alla Mafia, “Mori” – scrive Ciccio Ciulla, l’editore di Centro culturale Occidente, “operò e tornò vivo a casa sua mentre i criminali rimasero in galera ”. E già questo basta a segnare la differenza quando, disarmando gli eroi, isolandoli – com’è purtroppo accaduto nella nostra recente storia – si è passati ai patti larghi, “anzi, larghissimi”.