dopo il vertice usa-russia
Il mesto dell'ombrello
E se fosse vero, e cioè che c’è un nuovo ordine mondiale dopo l’incontro tra Donald Trump e Vladimir Putin? Da come si lagnano i custodi dello status quo – gli europeisti, tra tutti – potrebbe sembrare quasi vero. Il presidente degli Stati Uniti e il leader della Federazione Russa, ritrovatisi vicini a Helsinki hanno perfino creato un corto circuito agli equilibri derivati da Yalta, nientemeno, quando a stare in mezzo tra l’America e i Soviet c’era comunque Winston Churchill – tra i tre – il peggiore nemico di una qualunque idea d’Europa. Si sono parlati, dunque, e due sono stati i sovranismi a confronto. Quello di Trump, imperfetto. Deve vedersela con lo stato profondo, con tutti quelli che gli remano contro. A cominciare dalla cosiddetta stampa libera che s’aggrappa al mantra del russiagate. Quello di Putin, invece, perfetto. Si gode la riuscita dei Mondiali di Calcio, regala un pallone al suo partner americano e ai giornalisti liberal – sempre sul russiagate – più che una risposta affida una beffa: «Se non lo so io come si confeziona un dossier, chi altri?». Dopo di che, piove. E Putin resta al riparo. A Trump, giusta nemesi, resta il suo meritato ruolo: il reggi-ombrello.