Il dovere di sgarrare
Il potere in Italia, ha detto ieri Enrico Mentana in un'intervista ad Alessandro Ferrucci sul Fatto Quotidiano, «è un equilibrio tra imprenditoria, istituzioni e partiti». Incombe la «variabile Mattei», in Italia. A un certo punto gli aerei cadono, come accadde a Enrico Mattei, il capo dell'Eni – pericoloso per ogni equilibrio – nel cielo di Bascapé. Il potere, nel suo baricentro – già nella memoria a noi contemporanea – scandisce diversi colpi di scena: un Bettino Craxi, nemico del patto cattocomunista, costretto all'esilio ad Hammamet; o un Giulio Andreotti, mai prono agli automatismi amerikani, baciato da Totò Riina; un Silvio Berlusconi, infine, libero in politica estera – tra Vladimir Putin, Recep Erdogan e Muhammar Gheddafi – presto liquidato nel Bunga-bunga. Nella difesa di se stesso – nello status quo – il potere difetta di fantasia. E quel bilanciamento di convenienze si perpetua – ancora oggi con il governo di Giuseppe Conte, detto «del cambiamento», dunque fuori da ogni equilibrio – nell'unico rito riconosciuto: guai a chi sgarra. Possa Conte non avere mai guai. Ma sgarri, fortissimamente sgarri. Proprio nel solco di Mattei.