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Il funerale della sinistra chic nelle Due Sicilie a cinque stelle

Beppe Grillo

Pietrangelo Buttafuoco
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Il Sud sarà la tomba del sistema, si diceva. E così è stato. Nelle piazze del Meridione, dai Boia chi molla di Reggio fino a Catania «pupilla degli occhi di Almirante», era tutto un urlo – il sud sarà la tomba del sistema! – ma una cosa così, mai. Il M5S dilaga nei territori che furono feudi del controllo clientelare. La lista guidata da Luigi Di Maio – 'nu guaglione e nulla più – guadagna percentuali superiori a quelle della furbissima Balena Bianca democristiana e azzoppa per sempre la "Quarta Gamba" del notabilato del Mezzogiorno d'Italia. Una cosa così, appunto, mai. E così neppure ai tempi della Coldiretti, della Madonna Pellegrina e dei palazzinari di Corviale. Il famoso voto meridionale centrista, moderato e familista sceglie convintamente l'avventura populista di Beppe Grillo – un artista genovese – e ne fa una vera rivolta popolare. La grande e remota provincia del Sud, con le periferie dei grossi centri tra Campania, Puglia e Calabria, con la Sicilia infine – dove i grillini stravincono superando il record di Silvio Berlusconi nel 2001 – offre il consenso agli scappati di casa del M5S, perfetti per fare tabula rasa, e svuota il granaio elettorale del padrinato fatto sistema. L'assistenzialismo – la carota di consolazione per le sterminate masse chiamate al voto – si frantuma nella disfatta del Partito Democratico, con il tanto decantato Paolo Gentiloni arrivato inutilmente in Sicilia al seguito dei capimanipolo del sottogoverno degli inciuci, campioni delle preferenze, certo, ma fintanto che il sistema non la trova una tomba dove spegnersi. E proprio così è stato. Gli scappati di casa sono sempre soli. Non hanno don e neppure mammasantissima. Ed è il Regno delle Due Sicilie, infatti, tutto quel seminare di cinque stelle al Sud, speculare – così nelle schede colorate degli analisti – al Nord tutto destinato al centrodestra ma con a capobastone la Lega di Matteo Salvini il quale ha davanti a sé un'urgenza: tradurre in politica quello che solo una lettura affrettata può registrare come una contrapposizione. Dove c'è la Lega non ci sono i Cinquestelle, e viceversa. Ma non è una guerra del Sud contro il Nord, al contrario: è la stessa guerra. Se è vero che Salvini ha attratto al Nord e nelle regioni del Centro Italia l'elettorato operaio che non vuole più saperne di Laura Boldrini e di Matteo Renzi, doppiamente vero è al Sud per il M5S dove vanno a crollare il figlio di Vincenzo De Luca e la vip Francesca Barra perché – con tutto il rispetto per il riformismo sollecitato dai benestanti – la sinistra non ha dimostrato di essere distante solo dalla società, piuttosto la nemica prima della realtà. I precari, i disoccupati, le madri e i padri di famiglia non sanno che farsene – per esempio – dei diritti civili senza avere le sacrosante garanzie sociali. E tutto questo popolo senza glamour, giammai intercettato dal giornalismo d'élite, anzi, disprezzato al punto di dover sopportare pantomime quasi comiche – l'incredibile manifestazione antifascista, su tutte – al Nord ha votato Lega, come al Sud ha votato M5S per ottenere, se non una soluzione immediata, uno stop al sistema. Il Sud è, dunque, tomba del sistema e Matteo Salvini, il barbaro del Nord, adesso ha solo un'urgenza: sintonizzare il proprio vantaggio istituzionale – è il capo della coalizione politica maggioritaria – con la volontà popolare. L'elettorato della Lega – parliamoci chiaro – è parente di quello del M5S. E il parlarsi chiaro, esige un'ovvia durezza. Una cosa così, mai. Ma se solo fosse stato diverso il risultato all'interno della coalizione di Centrodestra, se Berlusconi avesse oggi i numeri di Salvini, non esiterebbe un solo istante a rifare il Nazareno con Renzi. Chiaro?

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