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Lo statista e le clientele

Pietrangelo Buttafuoco
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Tutti a dir meraviglie di Paolo Gentiloni. Tutti a celebrarne il tatto, lo stile, il passo compassato, l'innato equilibrio e la flemma quasi democristiana (omettendo, ohibò, l'unico punto di vero charme: essere lui un residuo gruppettaro di Democrazia Proletaria). Tutti, insomma, a farne il ciripiripì del presidente del Consiglio perché il Pd è pur sempre la tazza di tè che piace alla gente che piace. Al punto di far pendant chic – signora mia – con Emma Bonino. A parte che sulle cose vere – e cioè sicurezza, clandistini, povertà – l'Italia con Gentiloni non un solo passo avanti ha fatto, tutti i complimenti all'indirizzo dell'uomo che riuscì ad arrivare terzo alle primarie del Pd per il Campidoglio (in una gara dove persino Ignazio Marino arrivava primo, ed è tutto dire…) vanno comunque a celebrare l'aplomb. Ma se poi si fa vedere in giro con l'onorevole Luca Sammartino, il sensale del consenso meridionale – un liberal alle sarde – si capisce dove va a parare la squillante carriera dello statista che tutto il mondo c'invidia. E dove va a finirgli tutto l'aplomb: nel sottoscala delle clientele.

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