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Pupo si sfoga: "Per lo spettacolo è un vero disastro"

Ecco la ricetta per uscire dalla crisi: una raccolta fondi per i meno fortunati

Massimiliano Lenzi
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La vitalità è una forma d'arte. Necessaria. A maggior ragione oggi, in tempi di coronavirus e di paure. Nella musica italiana Pupo, all'anagrafe Enzo Ghinazzi, la vitalità l'ha raccontata senza infingimenti, tra amore, libertà e desiderio. Noi de "Il Tempo" lo abbiamo intervistato. Pupo, quanto le manca la libertà in questi strani giorni da emergenza virus? «Moltissimo. Nessuno mi ha mai costretto a stare chiuso in un luogo. Sono uno spirito libero con molte caratteristiche anarchiche. Per me la privazione della libertà è insopportabile. Meno male che questo è accaduto oggi, ad un'età in cui la ragione prende normalmente il sopravvento sull'istinto. Mi fosse accaduto quando ero più giovane, non so nemmeno io quante sanzioni avrei dovuto subire».  Per approfondire leggi anche: Pupo non ce la fa più Un artista è abituato al rapporto con il pubblico, con la gente. Lei sia in radio che sui social è forte. Ma basta a surrogare le emozioni del rapporto diretto con la gente? «Le sensazioni e le vibrazioni che ti dà il contatto fisico con la gente, non sono minimamente paragonabili a ciò che si prova stando collegati via web. È come fare l'amore avvinghiandosi al partner o masturbarsi. Io poi sono un uomo fisico. Anche mentre parlo ho bisogno di toccare qualcosa o qualcuno. Mi sa che in futuro avrò dei seri problemi di convivenza. Speriamo che questo virus si levi presto dalle scatole». Molti artisti sono preoccupati per la crisi del settore. Cosa si potrebbe fare per non far perdere lavoro atan ta gente (tecnici, audio, allestitori, eccetera)? «È un dramma. Il nostro settore, in particolare quello degli spettacoli dal vivo, è in ginocchio. Nessuno può fare previsioni. Al momento, mi viene in mente un'unica strada per dare una mano ai nostri collaboratori e a tutti gli addetti ai lavori meno abbienti, ma non per questo meno importanti. La prima cosa da fare è quella di far arrivare al governo la percezione della drammaticità della situazione in cui si trova la nostra categoria e chiedere quindi degli aiuti economici reali e in sintonia con le spese che dobbiamo sostenere. La seconda è che noi, artisti ricchi e famosi, manager ed impresari altrettanto agiati e facoltosi, consapevoli dell'importanza dei collaboratori che spesso operano nell'ombra, mettiamo mano al portafoglio per raccogliere fondi da destinare al sostegno di questi ultimi. Io, se gli altri sono d'accordo, ci sto». Ha scritto una canzone in questo periodo di quarantena? «Sì, ho scritto e pubblicato una nuova canzone intitolata "Il rischio enorme di perdersi". Credo che sia una delle più belle canzoni che ho scritto nella mia vita. Il domicilio coatto mi ha fatto tornare l'ispirazione e la creatività che credevo oramai perdute. Ho scritto in due mesi e mezzo dieci nuove canzoni. È proprio vero che tutto il male non viene per nuocere. Detto ciò, avrei nettamente preferito, a scapito della ritrovata fertilità artistica, che il Covid-19 non fosse mai arrivato»... SE VUOI CONTINUARE A LEGGERE CLICCA QUI

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