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Da Elodie a Achille Lauro. Dopo Sanremo i romani vincono così
Sanremo è stato solo il trampolino di lancio. Ora s’impone il suono dei romani. Al Festival hanno giocato tutte le carte, dalle polemiche al rap, dalla melodia al look. E hanno vinto. Ma era solo l’inizio. Elodie, Achille Lauro, Rancore, Michele Zarrillo, Tosca e Junior Cally. Hanno fatto parlare e ora partono alla conquista del pop. Hanno album in uscita o già balzati ai vertici delle classifiche. Nelle playlist radiofoniche le loro canzoni impazzano e i tour fanno il giro della penisola. Con tappe da non perdere proprio nella Capitale. A cominciare da Rancore. Comincia il suo percorso nel 2004, a 14 anni. Inizia a conoscere l’ambiente hip hop grazie al «Phat Roma», una manifestazione di improvvisazione che frequenta ogni settimana. Qui esegue i primi brani dal vivo e prova i freestyle accompagnato da Andy con cui registrerà la sua prima canzone «Tufello Talenti». Ed è proprio al «Phat Roma» che conosce le persone che poi lo aiuteranno nella realizzazione del primo disco «Segui me». Poi i concerti nelle scuole e tante battaglie di freestyle fino alla partecipazione all’hip-hop session di Trl organizzata da Piotta. Fino all’anno scorso, quando Rancore ha partecipato a Sanremo come ospite e coautore in coppia con un altro romano doc: Daniele Silvestri. Proseguendo sulla scia del rap incontriamo Junior Cally (nome d’arte di Antonio Signore) che ha fatto discutere prima dell’inizio del Festival. A onor del vero, Junior Cally è nato a Genzano e cresciuto nella periferia romana come racconta ne «Il principe. È meglio essere temuto che amato» in cui racconta di aver convissuto per anni con una presunta leucemia che poi si rivelò non essere tale. Forse è da questa esperienza che nasce la scelta di indossare una maschera antigas. Intanto il 17 aprile si esibirà al Largo Venue. Per approfondire leggi anche: Tutta la verità su Achille Lauro Arriviamo così al terzo esponente della nuova ondata rap/trap capitolina: Achille Lauro. Nato a Verona col nome di Lauro de Marinis, si è trasferito con la famiglia nella Capitale dove è cresciuto frequentando quartieri come Serpentara, Vigne Nuove e Conca d’Oro. Lauro è riuscito a imporsi al Festival con scelte artistiche e di look che resteranno nell’immaginario dell’ultimo Sanremo. Provocatorio e fuori dagli schemi, ha scandalizzato il pubblico ingessato dell’Ariston mascherandosi prima da San Francesco, poi da Ziggy Stardust, Marchesa Casati Stampa e regina Elisabetta Tudor. Niente male per uno che il 31 ottobre salirà sul palco del Palazzo dello Sport. La sorpresa più gradita, però, è venuta da Elodie, nome d’arte di Elodie Di Patrizi. Nata e cresciuta al Quartaccio da padre italiano e madre francese creola originaria della Guadalupa, nelle Antille francesi. Elodie si è ritagliata un posto tutto particolare nella scena musicale italiana. In grado di tenere testa alle nuove tendenze strizzando l’occhio al canto e alla melodia. Quest’anno ha portato all’Ariston la bella «Andromeda», un brano firmato da Mahmood (vincitore di Sanremo 2019) e Dardust (il produttore Dario Faini) con cui ha già realizzato la hit «Nero Bali» cantata con Michele Bravi e Gué Pequeno. Elodie ha già al suo attivo vari tormentoni radiofonici. Negli ultimi mesi l’abbiamo sentita imperversare anche con la hit «Margarita» realizzata in tandem col compagno Marracash. E nei prossimi mesi continuerà a invadere le radio. Il pubblico romano la potr applaudire il 18 aprile al Teatro Centrale. Chiudono la carica dei romani all’Ariston due vecchie guardie della canzone italiana: Michele Zarrillo e Tosca. Zarrillo è uno dei veterani del Festival, essendo giunto quest’anno alla tredicesima partecipazione. In gara ha cantato «Nell’estasi o nel fango» e il suo legame con la scena musicale della Capitale ha origini antiche e si inteccia con il prog rock dei primi anni Settanta. Cresciuto a Centocelle, da giovane ha militato in gruppi come i Semiramis o i Rovescio della medaglia con cui all’epoca ottenne anche discreti riconoscimenti di stima da parte di pubblico e critica. Infine Tosca che inizia il suo percorso artistico nella piccola compagnia teatrale di Checco Durante. Ed è proprio in un piano bar di Roma che approda alla musica e viene notata da Renzo Arbore, il quale la arruola nella trasmissione televisiva «Il caso Sanremo» con Lino Banfi. Il Festival le ha sempre portato fortuna. All’Ariston ha già vinto nell’86 in coppia con Ron e la loro «Vorrei incontrarti fra cent’anni». Nell’edizione di Amadeus ha convinto la critica con la versione di «Piazza Grande» e con l’inedito «Ho amato tutto». Un’altra stella rinata del firmamento capitolino. E pronta a prendersi il posto che le spetta. L’invasione dei romani è appena iniziata.