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John Frusciante-Red Hot Chili Peppers, il cuore contro le reunion di plastica

Davide Di Santo
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John Frusciante ha lasciato per la prima volta i Red Hot Chili Peppers, la band di cui era fan prima di diventarne il chitarrista, nel 1992 nel bel mezzo di un tour mondiale. Forse per questo, come tutti i grandi talenti che per un motivo o per l'altro hanno voltato le spalle al successo mainstream, è entrato nel cuore dei fan della band californiana come nessun altro. Come neanche Hillel Slovak, suo mentore chitarristico e cofondatore del gruppo, morto per overdose nell'88. O come Dave Navarro, talentuoso e carismatico nei suoi cinque anni nei RHCP, quelli della consacrazione globale della band. Così il ritorno del diamante pazzo del funk bianco accanto ai vecchi sodali Flea, Antony Kiedis e Chad Smith è più di una notizia: è un riff che scalda i cuori di migliaia di fan. Per approfondire leggi anche: Red Hot Chili Peppers, Jack Frusciante è tornato nel gruppo Quando domenica, mentre in Italia era notte, i social ufficiali di Red Hot Chili Peppers hanno annunciato l'insospettabile reunion la reazione in queste latitudini è stata pressoché unanime: Jack Frusciante è tornato nel gruppo, con la citazione del romanzo di Brizzi a rievocare l'epica degli anni Novanta. Forse non il massimo a livello musicale, ma probabilmente l'ultimo decennio in cui una band underground poteva scalare il mondo. Poco importa se la storia tra Frusciante e i Red Hot si è poi prolungata nel primo ritorno, quello di dieci anni abbondanti a partire dal fortunato Californication, e fino al passaggio dello scettro al suo delfino Josh Klinghoffer, mai entrato nel cuore dei fan. Perché il ritorno di Frusciante per tanti è ancora quello del diciannovenne che ha voltato le spalle al successo per ritrovarsi a lottare con i soliti fantasmi: droga, alcol, depressione... Una questione di cuore e di suoni taglienti. In un'era zeppa di reunion di plastica, che spesso sembrano finalizzate solo a svuotare le tasche dei fan, qui sembra esserci qualcosa di più.

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