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The Wall, il muro inciso dai Pink Floyd compie 40 anni

Un doppio disco cult, un'opera magna, una composizione immortale. Il 30 novembre 1979 usciva “The Wall”, il muro tra i Pink Floyd e il pubblico entrato nella Storia

Marco Caroni
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Quarant'anni e non sentirli affatto: un doppio disco cult, un'opera magna, una composizione immortale. Il 30 novembre 1979 usciva “The Wall”, undicesimo album in studio di una band, i britannici Pink Floyd, che aveva avuto già modo di rendersi eterna con album come – per citarne un paio – “Wish were here” e “The dark side of the Moon”. Quando, insomma, sembrava che il meglio fosse già stato fatto ecco che invece la fervida immaginazione musicale e drammaturgica di quel genio di Roger Waters (già in rotta di devastante inevitabile collisione con David Gilmour e gli altri due del quartetto) produceva una delle opere su vinile che più ha saputo segnare quelle generazioni. E sa segnarle ancora. Epopea di una rockstar che segnata dal giovanile lutto della perdita del padre, scomparso in guerra, travolto dalla possessività della madre, trova nel successo la via di salvezza ed allo stesso tempo di eterna condanna. Una trama musicale titatica, una sceneggiatura testuale di enorme spessore per uno spaccato sociale di un'epoca ancora avvinta al retaggio del secondo dopoguerra e già proiettata, nel terrore di ulteriori regimi totalitari, verso un futuro tutto da inventare. La generazione omologata e canalizzata verso l'enorme tritacarne della società contemporanea che diventa condanna e riscatto di Pinky, rockstar psicotica costretta alla fine a capitolare a ritrovarsi al di là del muro. 40 anni in cui il mondo sembra tutto cambiato e che hanno segnato la fine di ideologie e fasi storiche ma che, allo stesso tempo, appaiono come un lasso di tempo talmente insignificante da rendere “The Wall” una colonna di rilievo assoluto da tramandare ai posteri. Ed a quelli che verranno anche dopo.

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