Sul caso Pamela Prati è guerra totale in tv
Dopo l'ultima intervista della showgirl a "Non è L'Arena" da Massimo Giletti
L'ultima puntata di "Non è l'Arena" nel segmento dedicato al Prati-gate ha lasciato una fila di scontenti che nemmeno da Sephora quando “le bimbe” non riescono a farsi la foto con Giulia De Lellis. Le dirette interessate della bufala dell'anno, Eliana Michelazzo, Pamela Prati e Pamela Perricciolo, sono divise dalla verità e dalle responsabilità dei fatti, ma curiosamente sono unite da Massimo Giletti. Eliana Michelazzo, tramite l'AdnKronos, annuncia querela: “Trovo assurdo che Giletti, che si vanta sempre di essere in una testata giornalistica, mi abbia mandato un cronista con la telecamera nascosta (…). Io voglio sapere il nome e cognome di questa persona perché intendo adire a vie legali. Stamattina ho inviato un sms a Giletti chiedendogli di darmi la possibilità di replicare ma lui ha letto e neanche mi ha risposto. Ieri sera ho anche appreso di essere stata denunciata e per cosa? Per circonvenzione di incapace forse”. Pamela Perricciolo fa un video di quasi tre minuti (sprezzante del pericolo visto che il vocale di dieci minuti non ha portato bene ai “TheGiornalisti”) per dire che ora vuota il sacco e che “il giochino è finito non solo per me e le altre due, ma per tutti. Ho chiesto la replica a La7, ma è stata negata” promettendo (o minacciando) di mostrare foto, video e messaggi, compresi quelli dei produttori tv disposti a ricoprirla d'oro per andare in trasmissione. Pamela Prati chiude la seconda delle tre ospitate previste mandando a quel paese il suo “salvatore” (ipse dixit) Roberto D'Agostino (“hai rotto, apri le orecchie, io ho una carriera di 40 anni, non ho ancora capito qual è il tuo ruolo, vedi d'annattene”). Il Prati-gate è più morto che mai, ma gli avvoltoi si contendono famelici la carcassa. Domenica scorsa Pamela Prati ha sferrato un attacco frontale a Barbara d'Urso passato quasi inosservato: “Ha letto i messaggi in cui scrivevo a Mark che non avevo riconosciuto la sua voce, ma che lui mi invitava a mentire sostenendo in tv che fosse la sua. La d'Urso però ci ha fatto il 22% di share”. Tradotto: sapeva la verità, ma ha preferito ingarbugliare i fili per alzare lo share. La Prati però dimentica che di bugie ne ha dette tante, lo ammette lei stessa, che in un video ridicolizza chi aveva ipotizzato una sua fragilità (“uhhh, guarda come sono plagiata, plagiatissima” e giù a ridere con Eliana Michelazzo) e che è stata lei ad abbandonare lo studio di “Live” due volte: una fisicamente e l'altra dando buca in extremis dopo la richiesta di un esoso cachet definito "risarcimento danni" da parte del suo ex avvocato. E sembra che abbia rifiutato una cifra esorbitante dai vertici Mediaset per una serie di interviste solo perché il pacchetto comprendeva "Live Non è la d'Urso". Ora, la domanda è: perché Massimo Giletti - laddove fosse confermato - non concede diritto di replica alla Michelazzo e alla Perricciolo? Probabilmente perché si comporterebbe come la carissima "nemica" Barbara d'Urso cioè darebbe visibilità a quelle che lui ha definito "due cialtrone che non si devono invitare in tv". Ed è qui che, secondo Giletti, va marcato il confine tra il suo modo di trattare la vicenda, puramente giornalistico, e quello pseudo giornalistico/ sensazionalistico della d'Urso. Per due volte ha ripetuto: “Noi in 15 giorni abbiamo verificato che le due socie in passato avevano già fatto queste cose, queste truffe. Perché uno che si vanta di essere sotto testata giornalistica non fa il lavoro giornalistico e sfrutta questa storia?”. Si tratta di un personalismo verso la signora di Canale 5 o Giletti ha detto male una verità? Fermandosi alla forma si può ipotizzare che il giornalista "rosichi" per la presenza invadente di “Live-Non è la d'Urso” alla domenica (e per questo l'ha salutata con giubilo ricordando che si sposta al lunedì, nda), ma è altrettanto lecito pensare che oltre la forma c'è la sostanza. E forse il messaggio di Giletti è che c'è un corpaccione televisivo pingue e “drogato” di gossip costruito ad arte, c'è una televisione a tratti marcia dove si è smarrita la lezione di Michele Guardì, uno dei più importanti autori televisivi italiani: “Non mi importa se una storia è verosimile, io voglio dare solo storie vere, reali anche se brutte”, c'è uno schermo sottile, facile da strappare come una pellicola del discount, in cui realtà e finzione si confondono, in cui si perde il senso della misura oltre che del buon gusto, in cui nessuno verifica le fonti e quando lo fa, magari chiude un occhio e si fa venire la cataratta perché Pratiful è sempre Beautiful.