Omaggio a Lino Banfi, "re" della commedia italiana
L'attore sul palco della kermesse
Vado a Formia sempre molto volentieri. La mia infanzia è legata a quei luoghi. Con papà andavamo a trovare Alberto Soldi nella sua villa. E fu sempre Sordi a convincere mio padre ad acquistare una casa da quelle parti: la comprammo a Scauri». Talis pater, talis filius. Luca Manfredi è una persona simpatica, gradevole, disponibile e professionale all'ennesima potenza tale quale il suo papà, il grande Nino. Luca, regista e sceneggiatore di successo, sarà ospite questa sera del Festival della commedia della cittadina pontina in compagnia di Lino Banfi. A proposito di Sordi, Luca ha qualcosa da svelare ai lettori de Il Tempo «Sto preparando per la Rai un omaggio al grande Albertone in vista del centenario della sua nascita che cadrà il prossimo anno. Ripercorreremo diciotto anni della sua carriera, dagli esordi difficili nel 1936 (venne espulso e bocciato all'Accademia dei Filodrammatici per via della sua dizione troppo marcatamente romanesca) al suo primo grande successo del 1954, “Un americano a Roma». Manfredi cos'è per lei la Commedia italiana? «E il brodo di coltura in cui sono cresciuto, lo stile che ho respirato in casa. E' stata una stagione del cinema italiano magnifica. Attraverso la cinepresa e la recitazione di attori di inarrivabile bravura si costruì una satira di costume che raccontava il cambiamento della società italiana, quella del boom economico degli anni '50 e '60, con una cifra comica leggera ma graffiante. Mio padre, che di quella stagione fu uno dei protagonisti assoluti, diceva di affrontare anche soggetti difficili nel segno del “castigat ridendo mores”». Dalla Commedia italiana Luca Manfredi ha avuto in eredità una caratteristica essenziale: mai prendersi sul serio quando si affrontano certi argomenti anche impegnativi. «È la mia cifra stilistica. Cerco sempre di stemperare con un sorriso la materia anche incandescente che ho tra le mani. Comunque quel tratto di storia cinematografica deve essere ricordato, il nostro Paese ha la memoria corta e questo non va». Papà Nino sul set «Era attore scrupolosissimo, un vero e proprio artigiano del suo mestiere. Lo chiamavano l'orologiaio per quanto era preciso nel suo lavoro. Studiava a lungo e a fondo le parti che gli venivano assegnate. Ti racconto un aneddoto: quando Comencini lo chiamò chiedendogli di fare Geppetto nel Pinocchio televisivo mio padre, che anziano ancora non era, rispose che forse sarebbe stato meglio affidare quel ruolo a qualcuno più avanti con l'età. Comencini gli rispose: “Non è una questione di età. Scelgo te perché sei l'unico attore che può parlare con un burattino». Mio padre accettò ma prima di cominciare le riprese cominciò a frequentare il Giardino degli aranci, sull'Aventino, per studiare da vicino i comportamenti degli anziani con i nipotini. Vide un giorno una piccola che parlava con il suo bambolotto e di quel dialogo non perse una parola. Alla fine realizzò: “Ecco, io parlerò al burattino come ha fatto quella bimba con la sua bambola”».