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Alessandro Borghese:"In cucina con amore"

La scuola sulle crociere, il naufragio della Lauro, la passione per le corse in auto. Lo chef e conduttore si racconta

Davide Di Santo
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Una delle scuole di cucina e di vita dove si è formato Alessandro Borghese oggi giace sul fondale marino a largo della Somalia, a 5.000 metri di profondità. Si tratta della celebre e sciagurata Achille Lauro, la nave del famoso dirottamento colata a picco nel 1994 dopo un incendio. Lo chef e conduttore televisivo, che dopo la scuola internazionale frequentata a Roma si era imbarcato per imparare il mestiere, quel giorno era a bordo. «È stata un'esperienza che ho vissuto con l'incoscienza dei miei 18 anni, così singolare e significativa che per raccontarla ci vorrebbero ore. In generale, le navi da crociera per me sono state come un'università galleggiante», spiega il volto di «4 ristoranti» impegnato come sempre in mille attività. Dalla tv - potete vederlo nella quinta edizione di «Kitchen Sounds» su Sky Uno mentre la novità, prossimamente in onda, è «Kitchen Duel» - alla cucina di AB Il lusso della semplicità, il ristorante che ha aperto a Milano. Borghese, cosa fa quando non lavora? «Per scaricare la tensione giro a tutta velocità in un circuito con la mia Porsche. Sono un competitivo di natura e amo ogni aspetto del correre in auto: la lotta contro il tempo, l'adrenalina, il divertimento, la sfida... E ho un amore totale per l'auto come oggetto, dall'estetica alla meccanica. In più c'è la parte affettiva, legata a mio padre (Luigi Borghese, produttore cinematografico e imprenditore, ndr) e a mio nonno che erano piloti». Anche la passione della cucina l'ha ereditata da suo padre? «Sì. La domenica mattina si metteva ai fornelli, e io con lui. Amava i piatti della tradizione napoletana come il ragù e mi ha fatto scoprire il divertimento della cucina». Il programma «4 ristoranti» è diventato un format anche fuori dallo schermo. A cena ormai si dà il voto alla location, al menù, al servizio... «Il nostro obiettivo era prima di tutto quello di fare un bel programma. Con gli anni, però, ci siamo accorti di aver ispirato un nuovo modo di intendere la convivialità attraverso il gioco dei voti e dei giudizi. Un gioco molto serio perché mangiare è un gesto quotidiano e un atto d'amore». Ha visitato centinaia di cucine in Italia. Cosa si ostinano a sbagliare i ristoratori? «Indubbiamente nel voler proporre un'offerta troppo vasta. Nella ristorazione funziona la specializzazione. Se fai pesce, devi farlo nel miglior modo possibile e con la migliore materia prima. Se fai pizza, pesce, griglia, spaghetteria e via dicendo non hai più il controllo». La sua ricetta del cuore è la cacio e pepe. Qual è il suo segreto per farla bene? «Farne tanta così non ci si sbaglia! Non parlo di quantità, naturalmente. In inglese si dice practice makes perfect: più ne fai più cresce la dimestichezza». La vedremo in futuro tra i giudici di Masterchef? «Non so. Mi è stato offerto più volte ma non ho accettato perché avevo "4 ristoranti" e le mie attività imprenditoriali. Ho fatto la versione Junior per tre anni ed è stato molto divertente. I ragazzini sono più simpatici dei quarantenni che improvvisamente scoprono di voler fare i cuochi». Cosa cucinerebbe a Salvini, che spesso posta sui social i piatti che mangia? «So per certo che ama la cacio e pepe. Andrei sul sicuro». Per un campano come Di Maio? «La pasta e patate che faceva mi zio Tonino quando ero piccolo. Perché? È un piatto popolare, casalingo». La sua famiglia è un tema ricorrente. Sua madre è Barbara Bouchet, diva del cinema italiano e non solo. «Sono cresciuto sui set cinematografici e televisivi. Cinecittà, Hollywood, ma il mondo dello spettacolo ce l'avevamo anche in casa, con le cene». Ospiti illustri? «Ad esempio quando mia madre ha recitato in Gangs of New York abbiamo ospitato Martin Scorsese, Daniel Day-Lewis e Leonardo DiCaprio. Anche quando ero ragazzino venivano a cena attori e registi famosissimi. A quei tempi, però, per me erano solo amici di mamma e papà».

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