Red Ronnie: "Pro-droga e radical chic, che pena questi cantanti"
II conduttore di Roxy Bar ora lancia nuovi talenti sul web. "I trapper? Distruggono i giovani. E i big pensano solo ai like"
Ha intervistato tutti: Mick Jagger, Paul McCartney, David Bowie, Lou Reed, Vasco Rossi, addirittura Fidel Castro. E per Red Ronnie il confronto con i personaggi del panorama attuale è piuttosto desolante. Anche per questo Gabriele Ansaloni da Pieve di Cento (Bologna), questo il vero nome del rosso conduttore di trasmissioni cult come Roxy Bar e Be bop a lula, oggi va a caccia di talenti da lanciare sul web. In occasione del Festival di Sanremo ha diretto Optima Red Alert, programma dedicato alla ricerca di promesse della musica, ed è in procinto di ripartire con la terza edizione. A Sanremo ha attaccato Achille Lauro per la sua canzone, definita un "inno alla droga". Perché? La musica rock è plena di brani che trattano il tema. «La differenza è essenziale."Rolls Royce" non è solo un inno alla droga ma all'autodistruzione. È vero, si tratta di un tema ricorrente nella musica ma Lou Reed e Vasco Rossi raccontavano le loro esperienze attraverso la poesia. Questi trapper invece esaltano lo spaccio e nel loro immaginario le donne sono oggetti e contano solo i soldi. L'aggravante è che le loro canzoni sono indirizzate ai ragazzini e nei parchi vendono le dosi a un euro. Il fatto è che c'è un disegno preciso per distruggere una generazione». Una sorta di complotto? Ordito da chi? «È un discorso molto complesso. Le do un indizio. Nicky Hopkins (celebre pianista britannico, suonò con Lennon e Jefferson Airplane, tra gli altri, ndr) una volta mi disse che dietro alla distribuzione di droghe a Woodstock c'era la Cia. Quando ne chiesi conto a Michael Lang, l'organizzatore del festival, lo vidi in netta difficoltà. Quando hai dei giovani che bruciano la bandiera americana e rigettano l'American way of life è chiaro che cerchi di fermarli in ogni modo». Ma i giovani di oggi non sembrano particolarmente impegnati. Anzi... «Ed è ancora più drammatico perché sono vulnerabili. Ci sono soggetti interessati a tenerli a bada. Per gli adulti c' è il discorso della paura, usata dai governanti per dividere e comandare, come il motto romano. Le stragi del sabato sera, l' Aids, il terrorismo, gli stranieri... In questo mondo in sfacelo che sembra Sodoma e Gomorra dobbiamo sempre avere paura». Ha incontrato personaggi che hanno fatto la storia della cultura popolare e non solo. A quale intervista più legato? «Non misuro il valore dell'intervista con il metro della popolarità. Il personaggio più incredibile che ho incontrato non è molto famoso. Parlo di William Congdon (pittore americano, noto per aver affrontato temi sacri con l' action painting, ndr). L' ho intervistato una settimana prima che morisse e ho avuto l'impressione che fosse uno spirito che aspettava di uscire dal corpo per svelarmi cose meravigliose sulla vita e su quello che c' è dopo. Nella seconda guerra mondiale era un barelliere ed entrò a Dachau. Quel giorno, davanti all'orrore, la sua vita cambiò. Parlava anche di reincarnazione, e per questo motivo l' intervista fu in parte boicottata. Ne mandai qualche brano in tv, a Roxy Bar e a Help. Ma penso che sia arrivato il momento per pubblicarla integralmente». Cos'è la televisione per Red Ronnie? «Il segreto è mescolare personaggi famosi e realtà underground Portai sulla tv italiana Radiohead e Skunk Anansie, allora sconosciuti. Skin mi disse: "Solo tu puoi prendere una nera, pelata, lesbica che fa punk". Ma avemmo anche Britney Spears, le Spice Girls e i Take That, tutti all' apice della fama. Oggi sul web con Barone Rosso seguo questa stessa direzione. Giovani virtuosi, ragazzi usciti dai talent e artisti affermati. Con Optima Red Alert invece andiamo a pescare talenti in giro per l'Italia, perché il problema di molti giovani è che non possono spostarsi. Internet può dare grande spinta agli artisti. Sul web faccio molti più spettatori di tante trasmissioni tv». Farebbe il giudice di un talent? «Morgan dice che sarei il migliore, dopo di lui naturalmente... Ma io non amo i giudizi, preferisco i consigli». Tornando a Sanremo, è per il televoto o per le giurie? «Sono contrario a tutto. Il televoto è manovrabile e controllare è difficilissimo. Così come i like e i numeri sul web, spesso comprati. Le giurie, poi, sono condizionabili e votano col cervello, non con la pancia. In generale la musica è emozione, non competizione. Ma il Festival è uno show televisivo e la gara è un male necessario». Quote italiane nella radio. La quasi totalità degli artisti è contraria alla proposta della Lega, ma molti sostenevano quella analoga del Pd di cinque anni prima. Perché secondo lei? «La proposta di Alessandro Morelli è sensata ma gli artisti oggi hanno venduto le armi e comprato specchi. Vivono nella loro immagine alla ricerca del consenso totale. Nessuno fa nulla per paura di essere criticato. E i social amplificano questo aspetto. Poi ci sono gli interessi personali, nessuno vuole mettersi contro le radio. Non ultimo c'è il discorso politico. Tornando a Sanremo, è chiaro che votando Mahmood le giurie d' onore e della stampa non hanno voluto premiare la canzone ma dare contro a Salvini. Certi giornalisti, poi, sono come gli artisti, asserviti a una sinistra che solo in teoria promuove la cultura. Veltroni una volta mi disse: "Roxy Bar (in onda su Videomusic e poi su Tmc2 dal '92 al 2001. In anni recenti stata trasmessa via web, ndr) è la trasmissione che preferisco". Gli risposi: "Ma come, l'hai chiusa tu", riferendomi alla campagna de L' Unità per salvare MTV. La verità che la sinistra oggi è composta da comunisti vista mare».