"Quasi un uomo", la lezione di Elda Lanza
Il nuovo libro della storica presentatrice Rai racconta un amore tragico nel mondo milanese
di Valentina Pelliccia
“Quasi un uomo” (Salani 2018, 288 pagine) è il nuovo romanzo di Elda Lanza, giornalista nata a Milano nel 1924, docente di Comunicazione e di corsi sull’evoluzione del costume e prima ancora presentatrice in tv. In questo romanzo, profondo e toccante con uno sfondo noir, l'autrice racconta una forma realistica dell'umanità e fornisce una lezione magistrale di come si possano raccontare le debolezze dei forti e gli alibi dei deboli. Elda Lanza, chi è il "Quasi uomo" del suo romanzo? Può raccontarci qualcosa di lui? "Non ho un ritratto preciso, ognuno ha diritto alle sue sfumature. Alessandro, colto, intelligente, capace di manipolare uomini, denaro e opinioni, essendo sempre il più forte - non sa che esistono i fiorai (ci pensa la segretaria). Al tuo compleanno di invita ad andare a scegliere quello che vuoi dal gioielliere, che poi passa lui... Un uomo distratto, che immagina che possa bastare farti partecipe del proprio successo, della propria vita. E goderne i benefici - per essere felice. In fondo lo fa anche per te. Il Quasi uomo è l'esempio di una categoria piuttosto diffusa, di uomini distratti dal proprio successo. Convinti che sia sufficiente a esprimere sentimenti". Più volte ripete una frase nel romanzo, un particolare gesto che il protagonista, Alessandro Metz, mette spesso in atto:"si pizzicò il naso tra l'indice e il pollice". Quali emozioni si celano dietro a questo comportamento così involontario quanto spontaneo e frequente? "Un gesto che lo rende umano. Persino timido". Leggendo il romanzo si scoprono altri personaggi maschili principali: Paolo e Schultz. Che ruolo hanno nella storia? Quali tipologie di uomini rappresentano? "Purtroppo gli uomini della porta accanto. Paolo è l'ironia della disperazione consapevole, Schultz il mascalzone con la gardenia in mano". Che ruolo ha nella vita del protagonista? "Francesca è la ragazza che sogna l'America come luogo di approdo, da raggiungere a ogni costo. L'America e' il sogno da realizzare: Alessandro il mezzo. Per Alessandro è la ragazzina da sorprendere. Sicuramente felice. Sicuramente appagata: perché amata da lui - che è il migliore". Nel romanzo descrive Alessandro Metz in modo ambiguo: nell'incipit è "intelligente, brillante, ambizioso. È il migliore e ne è consapevole". Poi, invece, viene visto in chiave totalmente negativa : "non era bello né affascinante. Presuntuoso e supponente...". Come mai questa apparente dicotomia, questa sensazione di amore/odio verso questo personaggio? "Io ho amato e temuto questo personaggio. Mi sembra evidente. Il suo difetto non e' di essere il migliore - ma di saperlo e di esercitarlo quasi con supponenza. Come una vendetta, una rivalsa. I suoi difetti e le sue qualità sono al tempo stesso positivi e negativi. Spesso contro di lui". Se Alessandro non è in grado di amare veramente una donna, come si può configurare la sua forte decisione nel voler sposare a tutti i costi Francesca? "Sposa Francesca perché è la ragazzina del primo amore: anche in gara con Paolo, vuole sorprenderla. Il suo errore evidente e' di sopravvalutare Francesca e anche di credere che sorprenderla sia regalarle amore: lo faccio per te. Lui sposa Francesca confondendo orgoglio, inesperienza, sentimenti, vanità..." Francesca crede di trovare nel matrimonio con Alessandro la possibilità di sentirsi finalmente realizzata, di avere, quasi, un posto nel mondo. Ma, dall'illusione all'infelicità il passo è breve. Si può affermare che Francesca, così come gli altri personaggi (soprattutto Alessandro), sia - in qualche modo - vittima di se stessa, artefice del suo destino? "Difficile ammetterlo, ma ognuno di noi collabora attivamente al proprio destino e anche alla propria infelicità". Alessandro Metz vive diverse fasi che lei descrive minuziosamente nel romanzo. L'intento era di raccontare un percorso di vita di questo uomo, di crescita interiore, dalla più fredda razionalità alla scoperta dell'amore autentico? Io ho lasciato che lui si raccontasse. Che cercasse di capire anche i suoi limiti. Che fosse lui a spiegarli a me, a farmene partecipe. Credo che uno scrittore abbia il diritto di essere sorpreso a volte dai suoi personaggi, in grado di assolverli o di castigarli. Io ho assolto e amato Alessandro: basta leggere le ultime due pagine nel racconto della figlia. La razionalità e la freddezza di Alessandro nascondono, forse, una grande paura di amare una donna? "Purtroppo credo che non si sia mai posto il problema. Che e' persino peggio". Si può colpevolizzare un uomo per non aver amato nel modo giusto una donna? Esiste un modo giusto di amare? "Io non lo conosco: se vorrà leggere "UOMINI" vedrà quante volte ho sbagliato. Quindi assolvo Alessandro, anche se riconosco i suoi errori". Cosa rappresenta Thunder? "La favola, che ha sempre un lieto fine". "Ti mando proprio dei fiori. E vado giusto io, a pigliarli, - impacciato ma deciso - quasi un uomo..". È lo stesso Alessandro che si definisce "quasi un uomo". Come mai? "Io ho preso il titolo e lo spunto da quella frase per raccontare un equivoco evidente: il ragazzino che fa cose da grande è di solito Quasi un uomo. Alessandro da grande sbaglia nell'unica cosa che è più grande e ingarbugliata di lui: l'amore". L'immagine della copertina racchiude una metafora importante della storia. Quale? "Chi ama la barca (a vela, s'intende, le altre sono mezzi) non si pone questa domanda, lo sa. Si ricordi Victor Hugo: "Se manca il vento la vela è uno straccio"... Ha risposto alla sua domanda meglio di quanto avrei potuto fare io".