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"Vi racconto l'Ora zero di mio nonno Aldo Moro"

Stasera al Palladium lo spettacolo di Marco Damilano con Emanuele Caiati, nipote del politico ucciso dalle Br

Tiberia de Matteis
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“Siamo quasi all'ora zero: mancano più secondi che minuti”, scrisse Aldo Moro in una delle sue lettere dalla prigionia, riferendosi alla propria vita, ma anche alla fine di un sistema politico. Stasera, 22 novembre, alle ore 20.30 sul palco del Teatro Palladium di Roma, a ingresso libero fino ad esaurimento posti, arriva “Ora zero” di e con Marco Damilano, per la regia di Antonio Sofi, a chiudere l'anno che segna il 40° anniversario del barbaro omicidio del grande statista, figura emblematica che ha segnato la Storia della Repubblica Italiana. E' un percorso di parole, immagini, video per raccontare la figura di Moro e cosa sia successo nei decenni successivi, senza di lui e senza la politica: un'eterna ora zero. Damilano, giornalista e direttore de l'Espresso, autore di “Un atomo di verità. Aldo Moro e la fine della politica in Italia”, pubblicato da Feltrinelli nel 2018, è affiancato in scena dall'attore Emanuele Caiati, nipote di Moro, figlio di Agnese, che leggerà brani dalle lettere, dagli scritti e dai discorsi dello statista, e qui racconta la sua esperienza. Come si è trovato coinvolto in questo evento scenico che celebra suo nonno? “È un riadattamento di uno spettacolo già esistente. Per questa edizione volevano che ci fosse un attore che leggesse le lettere di Moro. Hanno pensato a me perché ho una formazione come attore. Attualmente gestisco un'associazione che si occupa di animazione per ragazzi, “Il flauto magico”, con cui lavoriamo per feste, gite e percorsi di crescita, ma in passato ho frequentato la Nuct e ho lavorato al Teatro Verde come attore e burattinaio”. Cosa si comunica nello spettacolo? “Emergono molti aspetti. Prima di tutto come ha vissuto la vicenda Marco Damilano. Abitava vicino a via Fani e suo padre era un giornalista. Si vedeva in Moro una figura importante in Italia. La vicenda viene descritta attraverso gli occhi di un bambino che osserva l'esperienza di suo padre. Moro per quasi tutti, e soprattutto per i nati dopo il 1975, è solo legato ai 55 giorni. Invece qui si recupera la sua dimensione di politico e di statista che precede il rapimento”. Quali emozioni prova? “E' una situazione molto strana: nel leggere le parole di mio nonno, nonostante non l'abbia mai conosciuto, e soprattutto nelle lettere dal carcere del popolo, provo sommovimenti all'interno del corpo. Sono affascinato dalla sua immagine pubblica. Purtroppo per me sono nato in un periodo in cui la politica ha assunto un livello diverso nel Paese e l'affezione delle persone è andata scemando. Scoprendo questi scritti e anche quelli di altri, mi impressiona la qualità dei pensieri e delle affermazioni: non siamo così lontani da quei problemi, ma l'Italia di allora era un Paese che contava tanto”. E in famiglia come vi riferite a questa figura così importante? “Mamma ha aspettato che fossimo abbastanza grandi per prendere il meglio che c'era da questa storia. Ha scritto il libro “Un uomo così” in cui parla di suo padre come affettuoso e molto indaffarato. E' difficile conoscere una persona per sentito dire. Se c'è qualcosa nel patrimonio genetico, credo di aver ereditato da lui la passione per i ragazzi: nonno come professore universitario era molto attento ai giovani e io mi dedico con tanto amore al loro divertimento”.

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