pop cult

Eleonora Giorgi si sfoga: "Noi esodate da cinema e tv"

Carlo Antini

Dalla Lolita d’Italia a film cult come «Borotalco» e «Compagni di scuola». Eleonora Giorgi ha attraversato quasi cinquant’anni di cinema italiano e oggi ha le idee chiare. Punta il dito contro la carenza di ruoli interessanti, soprattutto per le donne. «Dopo i 60 anni ci sono solo parti da nonna», dice. Troppo poco per una che a 19 anni era già un sex symbol. Da qualche tempo la vediamo anche sul piccolo schermo tra talent e reality. Eleonora Giorgi, l’abbiamo appena vista al Grande Fratello Vip. Come si è trovata sotto le telecamere h24? «Mi sono divertita tanto. La prima settimana è stata la più bella della mia vita. Mi sono abbandonata completamente e nella caverna è stata l’apoteosi. Sono tornata diciannovenne e mi sentivo al college. Poi tutto si è normalizzato. Ho perso il senso del tempo e non ho dormito più». Con chi ha legato di più nella casa? «Il più simpatico era senza dubbio Ivan Cattaneo. Ma c’erano anche Andrea e Francesco Monte che è un ragazzo molto serio. Stefano è il più bravo di tutti ed è davvero il numero uno. Poi ci sono Walter, Lory e le Donatella che io adoro». Com’è andata con la Marchesa? «La Marchesa è un personaggio che nella realtà si chiama Daniela e che nel ruolo della Marchesa è di una lentezza intollerabile. In tv funziona benissimo ma io mi trovo molto meglio con Daniela che, per esempio, ho conosciuto quando preparava le valigie». Da «Ballando con le stelle» al «Grande Fratello». Nell’ultimo anno l’abbiamo vista molto impegnata sul piccolo schermo. Le piace questa dimensione? «In televisione sono nei panni di me stessa e ci sto bene. Sono spinta dalla mia grande curiosità e senso dell’avventura. E poi tra recitare nei panni di una nonna e fare reality preferisco la seconda scelta». Che intende dire? «Nel cinema italiano e nelle fiction tv le sessantenni sono rappresentate solo come nonne. I ruoli tra cui scegliere sono limitati e non ci sono cose interessanti. All’estero la situazione è diversa anche perché oggi le sessantenni hanno ruoli di primo piano nella società e mantengono in vita il mercato culturale. Tutto questo non ha un corrispettivo adeguato nella comunicazione. È come se la mia generazione fosse stata esodata da cinema e televisione. È un retaggio di sessismo ma sono sicura che tutto questo cambierà presto anche in Italia». Lei è stata una delle protagoniste della commedia italiana degli anni ’80. A parte la mancanza di ruoli, cosa pensa del cinema di oggi? «Il cinema risente molto dell’avvento del web che ha sottratto spettatori. Il grande schermo è diventato motivo di richiamo soprattutto per grandi produzioni spettacolari come “Avatar” per intenderci. Si fa fatica a fare film di qualità. In Italia ce ne sono due, tre all’anno. Per il resto sono tutte piccole commedie medio-borghesi». Lei ha lavorato con registi come Corbucci, Lattuada, Damiani e Festa Campanile. Cosa le hanno insegnato? «Lavorare con quei maestri mi ha insegnato ad avere un certo rapporto con il set. Mi hanno comunicato la meraviglia incantata di un lavoro straordinario. Ero molto diligente e attenta, praticamente un soldato. I registi dell’epoca portavano avanti ideologie. C’era una forte militanza intellettuale. Era un cinema colto, con grandi gruppi di pensiero». E che dire dei suoi tanti partner sul set? Da Verdone a Celentano, da Mastroianni a De Sica. Chi ricorda con più affetto? «Sicuramente Carlo Verdone con cui c’è ancora una grande confidenza. Seguo la sua carriera come farei con un amico. Il ricordo di Mastroianni, invece, è quello circondato da più aura. Ripenso a quando abbiamo girato a Marrakech e luci e profumi si intrecciano in un ricordo fuori dal tempo. Mi sentivo onorata di essere sul set con lui e sono stati sei mesi meravigliosi. Marcello è un mondo a sé. E poi c’è Nino Manfredi che era il più attento e meticoloso di tutti. Con lui ho girato "Nudo di donna" con cui ho vinto la Grolla d’Oro. Prima di girare abbiamo studiato per mesi. Era un uomo fuori dal comune». Qual è il suo miglior pregio e il peggior difetto? «Il mio peggior difetto è che, a volte, divento di coccio come dicono a Roma. Nel senso che, per esempio, voglio che le cose mi siano dette in un certo modo altrimenti reagisco male. I miei pregi sono la velocità e l’ipersensibilità». Lei ha confessato di aver fatto uso di eroina. Com’è uscita da questo tunnel? «Per me è stata la conseguenza di un abisso esistenziale. Improvvisamente ero diventata la Lolita d’Italia senza neppure rendermene conto. Il mio fidanzato era morto in un incidente stradale sulla moto che gli avevo prestato io e la mia famiglia d’origine era andata in pezzi. Per me l’eroina è stata una scelta di morte. La droga è una fuga dalla vita e io dico no». Lei è nata a Roma. Che rapporto ha con la Capitale? «Semplicemente la amo. Roma è la mia identità. Sono cresciuta nel quartiere Parioli e sono romanista. Leggo continuamente libri sulla mia città e sulla sua architettura». Secondo lei come sta la città? «È una malata gravissima perché non le viene riconosciuto il ruolo di Capitale. Viene gestita semplicemente come un insieme di quartieri ma avrebbe bisogno di finanziamenti ad hoc come accade alle grandi capitali europee Londra e Parigi. Roma non è una città semplice da gestire ma anche i romani hanno le loro responsabilità».