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Enrico Beruschi: "Grillo esiliato dalla Rai? Una balla. Ecco la verità"

II comico di Drive In si racconta dal cabaret alla tv: "Beppe è furbo. Con la barzelletta sui socialisti a Fantastico ha fatto i miliardi"

Davide Di Santo
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Quando ha cominciato a frequentare i palchi del cabaret Enrico Beruschi era uno stimato ragioniere milanese, vicedirettore commerciale della storica Galbusera. Con quel barbone e la voce cavernosa che in seguito diventeranno la cifra della sua comicità, impartiva ordini e multava i dipendenti che timbravano in ritardo. Era temutissimo. Nel 1974 si trova davanti a un bivio. «Avevo automatizzato l'azienda con grandi risultati e mi aspettavo un au-mento che non è arrivato. E poi non ce la facevo più a dividermi tra l'ufficio e i teatri. Così mi sono dimesso e quella che era la mia passione è diventata il mio lavoro. Due anni prima, era il 1972, era comparso per la prima volta il mio nome in cartello-ne al Derby, scritto piccolo piccolo sotto quelli di Cochi e Renato», racconta Beruschi, classe 1941 e una carriera che negli anni ha toccato cabaret, teatro e addirittura, negli ultimi tempi, perfino la lirica. Ma soprattutto la televisione, da Non Stop al mitico Drive In. E agli esordi un cammino parallelo con l'altro barbuto Beppe Grillo. Amicizia o rivalità? «Entrambe le cose. Certo, ascoltare anco-ra, nel 2018, la favola di Grillo esliliato dalla televisione mi dà fastidio. È tutta una balla. In realtà lui è stato abile a far credere al popolo bue che era stato esi-liato, e con questa favola ha incassato i miliardi veri, tra spettacoli e pubblicità. Ma lo vuole sapere come è andata veramente?». Prego, racconti. «Bisogna partire dal presupposto che intorno al '77 eravamo noi due i comici del momento. Amici e rivali. Un altro presupposto è che Grillo è tanto intelligente quanto furbo. È il 1986 e lui è a Fantastico 7. Prepara per l'occasione due monologhi. Il primo è su Raffaella Carrà, che qualche giorno prima aveva parlato della mamma in tv. Il secondo è su Enrica Bonaccorti, che invece in onda aveva svelato la sua gravidanza. Tutte cose inaudite a quei tempi. Ma cosa succede durante la settimana? La mamma della Carrà si ammala. E la Bonaccorti perde il bambino. Inutile dire che i due "pezzi" del comico sono da buttare. E così ha dovuto improvvisare». La famosa barzelletta sui socialisti... «Preso alle strette ha ripiegato sulla battuta del viaggio della delegazione del Psi («Se in Cina sono tutti socia-listi, a chi rubano?», ndr), anche se nella sua comicità non aveva mai usato barzellette. Il motivo è che non sapeva cosa dire, e quelle battute si sentivano in ogni bar, in quegli anni». Ci fu un putiferio, per quella battuta. O No? «Certo, ma nessuno l'ha esiliato dalla Rai. È lui che si è autoesiliato, perché si è re-so subito conto che da "censurato" avrebbe guadagnato di più facendo spettacoli. Martire della libertà di satira? Non fatemi ridere... Ha fatto i miliardi veri con questa storia. Come collega so-no contento per lui, intendiamoci...». Il passaggio di Grillo alla politica come lo giudica? «Ma anche lì, si sarà accorto che può guadagnare anco-ra di più. Recentemente ho avuto l'onore e la responsabilità di ereditare sul Candido, la storica rivista satirica, la rubrica Osservazioni di un uomo qualunque, proprio quella di Giovannino Guareschi. Ebbene, questi grillini sono i trinariciuti di oggi. Più a sinistra che mai. E l'alleanza con la Lega è contro natura. Mi scusi eh, queste espressioni oggi non si possono usare...». Chi l'ha portata in televisione? «Pippo Baudo, che mi ha fatto debuttare a Non Stop, nel 1977, con il grande Enzo Trapani. Una rivoluzione per la televisione: la prima trasmissione senza conduttore. Il motivo è presto detto: nessuno dei presentatori voleva lavorare con una banda di esordienti. È stato il nostro successo. Le idee in televisione sono tutto. Guardi Drive In, dopo trent'anni la gente ancora ricorda le battute. In quel caso fu Silvio Berlusconi a scegliermi. C'era grande libertà ma ad avere l'ultima parola era sempre il Cavaliere. Quando registrammo a Roma i primi provini Giancarlo Nicotra, Antonio Ricci ed Ezio Greg-gio, che era agli inizi, li portarono da Berlusconi. Lui man-dò tutti al ristorante e disse di passare più tardi, per vede-re il materiale insieme. Quando tornarono nella sa-la di via Rovani Ricci si accor-se che il nastro non era più allo stesso punto di prima. Berlusconi mentre erano a pranzo aveva fatto vedere il filmato a dipendenti, sergetarie e fattorini, per carpire le loro reazioni. Per fortuna si diverì lui e si divertirono loro, così il programma si fece». Perché lasciò Drive In dopo solo tre anni? «Sentivo che qualcuno voleva farmi la guerra, così andai via. Ovviamente me ne sono pentito. Teoricamente mi sento ancora il ragazzo di allora che interpretava "Beruscao", e per togliersi il trucco passava mezz'ora sotto la doccia». Perché Drive In è rimasto nell'immaginario più di altre trasmissioni? «Perché rappresentava l'evasione degli italiani, che potevano ridere e sognare guardando le ragazze fast food, tutte bellissime ancora oggi. Per giocare su questo clima generalizzato di molestie vere o presunte faccio spesso una battuta: "Le ragazze fast food mi hanno denunciato". La gente trasalisce, poi spiego: "Mi hanno denunciato perché sono l'unico che non le ha molestate!". Quelle inquadrature in cui il mio faccione era appoggiato sulle tette di Car-men Russo o di Tini Cansino rappresentavano il sogno dell italiano medio. Ma non le ho mai toccate con un dito. Per non far svegliare gli italiani da quel sogno».

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