Pop cult

Red Canzian: "Che vita dopo i Pooh"

Carlo Antini

Un album di inediti, una tournée che partirà il 4 maggio e sbarcherà il 20 all’Auditorium di Roma e la voglia di voltare pagina. Senza rinnegare nulla ma con il desiderio di illuminare nuovi contenuti e dare spazio a lati di sé ancora inesplorati. Red Canzian ci è venuto a raccontare il suo «Testimone del tempo» direttamente nella nostra redazione. Red Canzian, com’è nata la voglia di dedicarsi alla composizione di un album di inediti? «Poco più di un anno fa ho pubblicato un post che diceva testualmente “alla fine del viaggio ci vuole coraggio”. Dopo i Pooh avrei potuto continuare a proporre al pubblico il meglio delle cose che ho scritto ma mi sono reso conto che non ho mai svelato chi sono veramente. Sapevo che non sarebbe stato facile ma volevo farlo. Nelle 13 canzoni che compongono l’album provo a raccontare la mia vita musicale senza filtri. Attraversando i generi che formano il mio Dna». All’origine di «Testimone del tempo» una gestazione lunga un anno. È stato difficile mettere insieme i brani? «È stata una sfida dura che mi ha messo di fronte a scelte importanti. È come se ripartissi da zero, una sorta di rinascita. E mi rendo conto che ho molto da dire e da dare al pubblico. In questo sono stati importanti gli insegnamenti di mio padre». Cosa le ha insegnato suo padre? «Nella sua vita ha fatto tanti lavori, il minatore, il camionista e perfino il boxeur e ha fatto sempre tutto col sorriso sulle labbra. Mi ha insegnato che nella vita bisogna essere forti. Sempre. E io continuo a fare quello che sento, cioè la mia musica». Nel nuovo album ci sono collaborazioni illustri da Enrico Ruggeri a Ermal Meta e Ivano Fossati. Com’è andata con loro? «Benissimo. Ricordo quando ho proposto per la prima volta la canzone a Renato Zero. Gli ho fatto ascoltare un brano molto complesso che cambia continuamente tonalità e tempo. Lui l’ha ascoltato in studio e mi ha detto subito: “A nì, sto pezzo è un casino”. Poi è andato a casa e la sera stessa era già pronta la sua idea di testo. Era nata “Cantico”». La sua nuova carriera solista ha già avuto un primo capitolo importante a febbraio sul palco di Sanremo dove ha presentato «Ognuno ha il suo racconto». Com’è andata all’Ariston? «Mi sono divertito e questa è la cosa più importante. Ero molto felice e sereno. Per la prima volta ero da solo con molta adrenalina addosso. Sentivo tutta la responsabilità su me stesso e non divisa per quattro. Oneri e onori tutti per me». All’Ariston ha incontrato anche Roby Facchinetti e Riccardo Fogli che si sono esibiti insieme. Che effetto le ha fatto trovarli lì da «rivali»? «Mi è sembrato strano ma non l’ho vissuto come un derby. Erano i miei amici che facevano le loro cose. Con i Pooh è finita una storia importante e mi sono preso un anno sabbatico. Adesso, però, siamo tutti pronti a ripartire perché la storia delle singole persone va avanti. Anche Stefano D’Orazio si sta dedicando ad altre cose». Che idea si è fatto della fine dei Pooh? «La nostra storia era arrivata al capolinea per una serie di eventi che ci sono capitati. Nel 2009 Stefano (D’Orazio ndr) ha deciso di andare via. E già questo è stato un primo colpo perché io e Stefano ci occupavamo di tutta la parte grafica e organizzativa della band. Poi nel 2013 è morto Valerio (Negrini ndr) ed è stato il colpo di grazia. Avevamo perso entrambi i parolieri e non era facile andare avanti. Avevamo un equilibrio solidissimo che si basava sulla presenza di tutti e quattro. Era anche una questione di rispetto per la nostra storia». E ora la sua storia solista. Come si trova in questa nuova dimensione? «Mi sento più libero. In una band esistono regole che bisogna rispettare, a volte rinunciando anche a una parte di se stessi. Ora mi posso lasciar andare completamente. E voglio far sapere a tutti che esisto». A maggio sarà impegnato in un tour che la porterà a esibirsi anche il 20 all’Auditorium di Roma. Cosa sta preparando per i suoi fan? «Sarà un concerto molto particolare al quale stiamo lavorando da due anni. Racconterò la storia della musica dal 1956 ad oggi con filmati che raccontano cosa accadeva un tempo attorno alle canzoni. Ci sono immagini che raffigurano quando ero piccolo e mostrano un bambino che gira le manopole della radio. Dagli altoparlanti si sente la voce di Beniamino Gigli, Keith Richards, Elvis Presley e i Beatles. E’ una narrazione della grande musica che abbraccia anche la storia dei Pink Floyd. Brividi che corrono lungo la schiena grazie alle immagini proiettate sul maxischermo e che costituiscono una sorta di show nello show. Mentre canto “Emozioni” di Battisti ci sono fili d’erba che si muovono al vento. Quando intono “Blowin’ in the wind”, invece, è la volta della guerra del Vietnam. Fino al secondo tempo in cui si cambia radicalmente registro». Cosa succederà nel secondo tempo? «La seconda parte del live è dedicata interamente alla musica italiana, alle canzoni dei Pooh e alle mie. Parlerò di Valerio Negrini che è stato la voce narrante dei Pooh. Poi mi collegherò con Ermal Meta e Enrico Ruggeri. Sarà un percorso in cui toccherò tutte le componenti di questo mestiere». Durante la tournée sarà accompagnato sul palco anche da Chiara Canzian e Phil Mer. Che effetto le fa suonare dal vivo con i suoi figli? «Ho la fortuna di avere due figli talentuosi che, se mi devono criticare, lo fanno senza problemi. Per me è un modo di crescere. Con loro mi emoziono».