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X Factor, ecco perché ha vinto Licitra (e hanno perso i Maneskin). Nigiotti in stile Fantozzi: James Arthur è...

Ugo Piazza
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La dicotomia era perfetta. Da una parte i Maneskin, la band di predestinati a cavallo dei diciott'anni, tanto coatti e strafottenti quanto naturali e potenti sul palco. Dall'altra Enrico Nigiotti, il cantautore un po' scapigliato che dopo qualche occasione sprecata si presenta come musicista maturo. Eppure a trionfare nell'undicesima edizione di X Factor è stato il il terzo incomodo, quel Lorenzo Licitra che solo nell'ultima parte del programma è riuscito a togliersi di dosso i vestiti, indossati a fasi alterne, del tenore e del crooner natalizio in stile Bublé per virare a un pop di respiro internazionale. Siamo onesti: in pochissimi alla vigilia avrebbero scommesso sulla vittoria del siciliano della squadra di Mara Maionchi, la quale si conferma un'autorità in fatto di scoperta e valorizzazione dei talenti con ben due cantanti in finale. Al netto delle legittime preferenze maturate nel corso del programma, va detto che la finale di Licitra è stata perfetta. Nell'esecuzione e nella strategia. L'inedito  "In the name of love" è stato proposto in una tonalità vertiginosa, e se c'è una cosa che piace al pubblico dei talent show è un'ugola d'acciaio che sfida altezze impossibili. Stesso discorso per il finale del medley, una "Who wants to live forever" cantata con potenza e naturalezza rarissime. Insomma, a X Factor ha vinto un cantante alla X Factor, grande voce e allure pop come il James Arthur che ha duettato con i quattro finalisti fino all'eliminazione di Samuel Storm. Sul nigeriano Fedez ha posto subito grandi aspettative prevedendo una possibile vittoria finale, ma l'entusiasmo del giudice rapper nel corso delle puntate è sembrato scemare. Ma perché i Maneskin, idoli dei social mentre l'inedito "Chosen" veleggia nelle classifiche, hanno fallito proprio sul più bello? Difficile a dirsi. Forse pagano una finale vissuta da vincitori designati e giocata con un'ombra di ansia da prestazione sconosciuta fino a ieri. La forza della band romana in questo X Factor 11 è stata soprattutto nell'effetto sorpresa: ogni esibizione è stata uno schiaffo, dalla "Beggin'" dal tiro micidiale alla "Kiss this" frustata in stile fetish, con la lap/pole dance in tacchi a spillo di Damiano David a mezza via tra il Rocky Horror Show, i Damned e l'oscuro psychobilly di Lux Interior e i sepolcrali Cramps.  Ecco, quando serviva il colpo di grazia, la band di Manuel Agnelli non ha sfoderato l'arma segreta. E proprio come ha avuto spesso l'occasione di dire il cantante degli Afterhours, con chitarra, basso e batteria si fanno le rivoluzioni. Ma forse non si vince la finale di X Factor.  In ogni caso, si spera che l'istinto da rock star mostrato dalla band romana possa esprimersi al massimo delle sue potenzialità fuori dalla camera di riverbero di X Factor. Ma i ragazzi, seppur giovanissimi, l'hanno capito. Passata l'amarezza della sconfitta - ma cosa c'è di più rock della sconfitta? - è già l'ora di stupire con il nudo integrale di Damiano nel video di "Chosen".  E Nigiotti? Il livornese, determinato e fumantino, ha l'inedito più convincente della nidiata ("L'amore è") ed è stato l'unico che è riuscito a portare fino alla fase finale un discorso basato sulla canzone italiana. Il suo urlo dopo il passaggio della manche dei duetti non è passato inascoltato. Secondo gli esegeti di Twitter avrebbe gridato: "Vaff... a James Arthur e agli inglesi pezzi di m...". Un po' come "la corazza Potemkin è una boiata pazzesca" di Fantozzi costretto dal dirigente al cinema d'essai mentre si gioca Italia-Inghilterra. E come a dire: bello lo show dal respiro internazionale. Ma anche in Italia si può fare buona musica. 

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