I SEGRETI DELL'ARTE
Alberto Angela svela il mistero della Gioconda di Leonardo da Vinci: non è Monna Lisa
Ma siamo sicuri che quella custodita sotto un vetro blindato al Louvre sia veramente la «Gioconda»? Ossia il ritratto di Lisa Gherardini, moglie di Francesco del Giocondo, quindi la «Gioconda», altrimenti detta «Monna Lisa»? Il dubbio storico ruota tutto attorno a una lettera e un apostrofo, perché quel sorriso enigmatico che affascina il mondo da mezzo millennio potrebbe invece appartenere a «Monna d’Isa», alias Isabella d’Este, tra le signore più potenti e rappresentate del Rinascimento, alla corte della quale Leonardo, effettivamente, soggiornò. Oppure ad una sfortunata cortigiana, Pacifica Brandani, della quale chiese il ritratto a Leonardo un suo potente amante: Giuliano de' Medici, secondo l'ipotesi dello studioso Carlo Pedretti. O forse anche a Costanza d'Avalos, nobilissima dama spagnola stabilitasi con la sua famiglia a Napoli... La domanda la pone, o forse la rinnova, visto che quel dipinto è da sempre una fabbrica di misteri, Alberto Angela, con il suo ultimo saggio: «Gli occhi della Gioconda - Il genio di Leonardo raccontato da Monna Lisa», edito da Rizzoli, un «librone» da 347 pagine, 22 euro, disponibile anche in e-book (euro 9,99). Alberto Angela è un archeologo e, come tutti gli archeologi basa le sue affermazioni sui documenti. Della Gioconda ci parla Giorgio Vasari, architetto, pittore, ma soprattutto storico coevo di Leonardo. Il Vasari non lo conobbe mai (alla morte del genio di Vinci aveva solo otto anni), ma di certo aveva a disposizione più testimonianze ed elementi degli attuali. Ebbene, ci racconta Angela, Giorgio Vasari ci descrive così la Monna Lisa: «Gli occhi presentavano quell’aspetto lucido e umido che si vede dal vero; e attorno a essi c’erano quelle venature rosse e i peli che si possono dipingere solo con grande perizia. Le ciglia non potevano essere più naturali...», Alberto Angela osserva, ovviamente: «Ma il volto della Gioconda, così come lo conosciamo, per intenderci quello del dipinto conservato al Louvre, non ha sopracciglia o peli». E sì, anzi, l’assoluta assenza della benché minima peluria è una delle principali caratteristiche del dipinto. Allora? «Potrebbe essere divertente supporre - butta lì l’Angela - che Monna Lisa vada intesa come Monna d’Isa, alla lombarda. Potrebbe quindi trattarsi di Isabella d’Este che Leonardo ritrasse ancora da giovane per ricompensarla dell’ospitalità». Effettivamente la somiglianza tra la Monna Lisa del Louvre e l'Isabella d'Este tratteggiata dallo stesso Leonardo è notevole. Ma l’autore non si ferma qui, racconta la storia delle tante ipotesi sulla Gioconda e ci illustra il giallo dell'identità in mezzo ad una mole immensa di dati, citazioni e, naturalmente, immagini. In questa sua opera ha anche la benedizione di Carlo Pedretti, massimo esperto mondiale sul da Vinci, autore della prefazione. Lo stesso Pedretti ha avuto l'intuizione, nel 1957, che Monna Lisa possa essere in realtà "Monna Pacifica", madre di Ippolito de' Medici, morta dandolo alla luce e che messer Leonardo avrebbe dipinto su richiesta di Giuliano; ipotesi affascinante, anche se non condivisa in modo del tutto unanime. Questo "giallo" nulla toglie, anzi, molto aggiunge, alla meravigliosa storia e al valore artistico del quadro più famoso del mondo. A chiunque appartenne quel viso angelico e al tempo stesso inquietante (se mai appartenne a qualcuna e non fu solo frutto dell’«idea» di Leonardo) resta l’anello di congiunzione tra il Medio Evo e l’Era Moderna. Il saggio ci racconta che quella che noi chiamiamo «Gioconda» è molto più di un ritratto, è il simbolo di un’epoca di straordinaria importanza, il Rinascimento, e del suo più luminoso rappresentante. La Monna Lisa è l’opera finale di un genio che si portò dietro per anni questo dipinto, dedicandogli tutta la sua cura e la sua attenzione. Alberto Angela, con il suo saggio, racconta quello che l’arte ha rappresentato per l’uomo dai Bronzi di Riace a Andy Warhol, spiega come il quadro si incastoni in questo appassionante cammino, pone un nuovo contributo per la conoscenza storica dell’opera e, soprattutto, sulla figura di Leonardo, dando ben poche risposte, ma generando nuove e stimolanti domande. Leonardo diceva: «Tristo è quel discepolo che non avanza il suo maestro». Però fino ad oggi, nessuno ancora lo ha superato.