
La ricetta di chef Fichera: «Così preparo la mia carne della memoria»

Mentre in tv sta per tornare "Masterchef", l'ex conduttore di "Street Food Heroes" apre nuovi orizzonti alla cucina
Fornelli sempre accesi sul piccolo schermo dove impazzano gare di ricette, esperimenti di chef blasonati e dilettanti, sfide a colpi di frusta e tasche da pasticciere svuotate a tutta velocità. Oltre ai programmi dei canali generalisti, torna da giovedì su Sky il seguitissimo "Masterchef”, che cercherà di contendere spettatori a "Hell's Kitchen” nella versione nostrana curata dallo stesso Carlo Cracco. A ricordarci che la gastronomia è un patrimonio storico si adopera, invece, lo chef Francesco Fichera, già conduttore tv di "Street Food Heroes", classe 1977, con origini siciliane, nascita e residenza romana, esperienze internazionali. La sua cucina "primordiale" è un'antropologia che ripercorre l'evoluzione della civiltà, attraverso pietanze e tecniche di cottura originali, studiate e realizzate, dopo anni di approfondite ricerche. Da oggi a giovedì a Maddaloni (nella scuola di cucina Dolce & Salato) si terrà il suo corso professionale "La carne della memoria dal fuoco al piatto", che prende in esame la razza Casertana per i suini, la Bagnolese per gli ovini e la Podolica per il bovino, recuperando in questo caso la tipologia più antica di manzo, importata da Attila e con massimo sviluppo in Basilicata. Gli studenti saranno iniziati alle tecniche di cottura con forno a legna, ceneri e nuove tecnologie. «La prima selezione va dedicata alla materia prima con una macelleria di fiducia. La cottura della carne va poi effettuata in casa nel modo più semplice con barbecue o padella di ferro per sigillare e coagulare, finendo poi con il forno per mantenere il succo» ha spiegato lo chef, che non si lascia intimidire dalla tendenza vegetariana o vegana. «Cerco di ridare dignità alla carne, privilegiando l'allevamento di razze autoctone con metodi antichi che non alterino le caratteristiche organolettiche dell'animale. A marzo, però, sarò a Roma per un seminario dedicato al pesce e mi occupo anche di erbe spontanee e aromatiche, premiando gli agricoltori che riscoprono sapori del passato come la fagiolina del re, coltivata nella costiera cilentina grazie a semi ritrovati negli scavi archeologici. Nel bacino del Mediterraneo qualunque piatto, dalle Puglie al Trentino, contiene un mondo in virtù dell'espansione della Roma imperiale: il cibo era moneta di scambio e bottino di guerra. Il canederlo trentino è la polentina romana antica, la frisella pugliese ricorda i pani romani attaccati ai carri da guerra. Mi piace sintetizzare tradizione e innovazione con una coda alla vaccinara, in cui estraggo il collagene per trasformarlo in polpettine panate e fritte croccanti e burrose».
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