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Pardo alla carriera a Castellitto: «Ma non sono un monumento»

Sergio Castellitto

A sessant'anni «voglio alzarmi tutte le mattine e andare a lavorare». Andreotti per lo spettacolo ha fatto meglio di tanti altri

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Tanta energia e una gran voglia di fare: a sessant'anni Sergio Castellitto dichiara il suo amore intatto per il mestiere dell'attore. E, in un'epoca di polemiche per finanziamenti e leggi sullo spettacolo, si lascia andare a una riflessione libera: «Giulio Andreotti ha fatto meglio di tanti altri». Castellitto ha ritirato il Pardo d'oro alla Carriera al Festival di Locarno e festeggerà 60 anni il 18 agosto:«Non voglio essere un monumento. Voglio essere uno che si alza la mattina e va a lavorare. E poi ho quattro figli che vanno dai 23 ai 7 anni quindi ho da risolvere problemi dall'università alle elementari...». «Mi dà grande soddisfazione ricevere questo riconoscimento. Risponde a una vocazione su cui ho sempre incentrato il mio modo di lavorare. Anche da attore non mi sono mai sentito solo interprete, ma una sorta di autore-attore perché ho sempre voluto prestare attenzione all'intera drammaturgia di un film». E poi è stato il momento delle riflessioni sulla vita: pubblica e privata, a partire dal rapporto con la moglie Margaret Mazzantini: «Quello con Margaret è un progetto creativo che è anche di vita. Ci siamo conosciuto da giovani attori sul palco dello stabile di Genova. Poi lei è diventata una straordinaria scrittrice. È ovvio che leggere in anteprima i suoi romanzi mi invogliasse a farne dei film. Mi è bastato dissotterrare le immagini che si trovavano dietro le parole». E ancora: «Ho avuto la fortuna di essere un attore-cerniera perché ho potuto lavorare con i grandi maestri del cinema italiano e poi con quelli che sono venuti dopo. Da Bellocchio alla Archibugi, passando per Tornatore e Virzì. Va da se che la concentrazione di talenti della stagione precedente è qualcosa di irripetibile per tutto il cinema mondiale». E sull'eterna diatriba tra film di maggiore e minore qualità: «Una divisione che considero soltanto un'invenzione. È frutto di una certa ottusità critica che ha provocato molti danni al cinema italiano. Io i miei lavori li ho sempre scelti in base alla qualità, anche quando ho lavorato nelle fiction televisive. Spaziavo dal set tv di Padre Pio a quello dell'Ora di Religione di Marco Bellocchio. Per me il vero successo è avere questa libertà». E non poteva mancare la riflessione sulla politica: «L'arte? È sempre un gesto politico. Scegliere di fare un film piuttosto che un altro è un gesto politico. Diffidate dei film direttamente politici. C'è più politica dentro un quadro di Picasso perché il pubblico è costretto a pensare in un modo diverso. Non ti muovere è un film politico perché c'è una povera e un borghese. Ciò che temo è soprattutto la demagogia. Ora dirò una cosa impopolare, ma il primo Andreotti è stato più attento al cinema di molti ministri che sono venuti dopo di lui».

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