Quel rubacuori chiamato Verdi
Il Cigno di Busseto amò tre donne, suscitando scandalo Placido protagonista e regista, con lui Isabella Ferrari
Da che musica è musica l'opera lirica ha coltivato come tema d'elezione l'amore, per lo più contrastato e non sempre a lieto fine. Donde una storiografia come quella romantica che, connettendo direttamente l'opera d'arte al suo autore attraverso un cordone ombelicale autobiografico, ha scavato, complici lettere e testimonianze documentarie d'epoca, nella vita affettiva, coniugale o non, dei grandi geni della musica. Su questa linea si muove lo spettacolo basato sul ricco e variegato Epistolario del "cigno di Busseto" che oggi e domani (ore 21) a chiusura delle produzioni caracalliane dell'Opera di Roma, nello spazio raccolto della Palestra orientale delle Terme imperiali, tenta di raccontare in "Un bacio sul cuore" le donne nella vita e nella musica di Verdi, interpreti d'eccezione Isabella Ferrari e Michele Placido, che ne firma la drammaturgia a quattro mani con Giulia Calenda e ne cura la regia. Tre furono le donne nella vita di Verdi. Innanzitutto la prima moglie Margherita Barezzi, figlia del benemerito Antonio, magnate bussetano, che incoraggiò concretamente e sostenne economicamente il giovane Verdi nello studio della musica e verso i primi successi milanesi, la quale tuttavia perì ben presto insieme ai due figlioletti lasciando Verdi nella costernazione più totale e quasi sull'orlo di abbandonare la composizione dopo il lusinghiero esordio dell'Oberto conte di San Bonifacio. Ne seguì il fiasco scaligero del Finto Stanislao o Un giorno di regno, opera comica che Verdi scrisse con la morte nel cuore. Il posto più importante tra le donne al fianco di Verdi doveva così toccare a Giuseppina Strepponi (che affettuosamente il maestro chiamava la Peppina), soprano drammatico che chiuse la sua brillante carriera proprio con la fiera Abigaille del Nabucco, che alla Scala segnò il trionfale ritorno di Verdi e la sua rinascita ormai definitiva. Il celebre soprano, all'epoca già vocalmente affaticato, dovette ben presto abbandonare il palcoscenico, pur restando per anni fedele e preziosa consigliera del maestro. Per la società borghese e perbenista dell'epoca, e soprattutto la provinciale Busseto, il suo legame extraconiugale con la Strepponi, che si concretizzò in matrimonio solo molti anni dopo, suscitò non poco scandalo, avendo il soprano fama di donna libera e "mangiatrice di uomini" ed essendo già sposata e con figli. Il che destò non poca amarezza e dolore nel giovane musicista. Donde anche l'esilio parigino prima del matrimonio stabilizzatore e la ricercata quiete nella Villa di S. Agata, vicino Busseto, dove Verdi, nelle pause dei suoi molti successi ormai internazionali, coltivava l'orto con la passione e perizia di un contadino consumato. Della lunga e travagliata storia d'amore tra lo schivo e riservato Don Peppino e la sua devota Peppina è testimonianza il ricchissimo epistolario, con i preziosi Copialettere, che è alla base della pièce teatrale ora presentata in prima assoluta a Roma. Dalle parole scambiate tra i due emerge l'immagine di una donna forte, raffinata, intelligente, talvolta (motivatamente o meno) gelosa e capace di soffrire in silenzio dicerie, malevolenze o fugaci allontanamenti (a Verdi fu attribuita ad esempio una relazione con il soprano Teresa Stolz, terzo più discreto affetto verdiano, negli Anni della Messa da Requiem per Manzoni). Nel caso della Stolz addirittura la Strepponi, facendo buon viso a cattivo gioco e nascondendo i suoi dubbi e gelosie, la invitò generosamente a S. Agata come gradita ospite. Insieme a Caracalla, sulle musiche originali o riadattate di Luca D'Alberto, accanto alla coppia regina formata dalla Ferrari e da Placido, saranno gli attori Luli Bitri e Erika D'Ambrosio ma anche il danzatore Damiano Ottavio Bigi del Tanztheater di Wuppertal fondato dalla compianta Pina Bausch. Uno spettacolo, come quello analogo consacrato qualche settimana addietro al grande direttore Carlos Kleiber, destinato a riservare qualche felice sorpresa per il pubblico degli appassionati di musica ed una maniera diversa ed originale di rendere omaggio al grande Verdi, padre della patria come più volte sostenuto a gran voce da Riccardo Muti, di cui si avviano felicemente alla conclusione i festeggiamenti per il bicentenario della nascita. Bisogna ammettere che la inedita formula scelta quest'anno dal Teatro Costanzi di raccontare la musica anche attraverso la parola ed il teatro si sta rivelando vincente ed arricchisce la già ricca stagione caracalliana.