L’altra faccia di Edgar Allan Poe
Altro che papà del racconto gotico. Una penna velenosa come poche. Critico letterario dei più prolifici e caustici come dimostrano i trentotto ritratti di letterati newyorkesi che scrisse tra maggio e ottobre 1846. Edgar Allan Poe era sempre al verde e, per sbarcare il lunario, si prestava a improbabili collaborazioni. Come quella che tenne con la rivista femminile newyorkese «Godey’s Lady’s Book» dell’editore Louis Antoine Godey. All’epoca il periodico era uno dei più letti e non si tirava indietro neppure di fronte a ricette di cucina o modelli per novelle sartine. Insomma era il punto di riferimento ideale per ogni proba signora borghese della middle class americana di metà Ottocento. Proprio sulle colonne del «Lady’s book», Poe si divertì a prendere di mira gli pseudo letterati della grande mela. Quelli che magari conobbero una breve stagione di celebrità per poi sprofondare nell’oblio più totale. Senza peli sulla lingua, Poe non usò mezze misure. Basta fermarsi all’introduzione della rubrica in sei puntate. «Alcune opinioni oneste e a caso, nel rispetto dei loro meriti d’autore, con occasionali note sulle diverse personalità». Va bene i meriti. Ma sono nascosti dietro fiumi e fiumi di inchiostro versato per esternare giudizi nient’affatto compiacenti. A farne le spese sono stati anche l’esule italiano Piero Maroncelli e tale Thomas Dunn English che reagì indignato alle parole al fulmicotone dello scrittore statunitense. «Il peccato imperdonabile del signor English - scrisse Poe - dovrebbe invece essere l’imitazione: non fosse che quest’ultimo è un termine troppo morbido. Per lui si deve parlare di plagio...Non vi può essere spettacolo più commisserevole di quello di un uomo privo della più ordinaria scolarizzazione, che si affanna con la poesia a tenere celata l’ignoranza». Effettivamente non suona proprio come un complimento. Ora tutti questi giudizi d’autore vengono raccolti in un unico volume edito da Bompiani e intitolato «I literati di New York City», a cura di Giovanni Puglisi e Gabriele Micciché. Nel libro le sei puntate della rubrica in cui il «nostro» Maroncelli viene descritto come uno che arranca per New York con una gamba sola. L’autore de «I delitti della Rue Morgue», «Il pozzo e il pendolo» e «La maschera della morte rossa» ne ha per tutti. Nessuno escluso. «Autentico spirito poetico...nel plagio», «Si spinge all’adulazione estrema...», «Condannato a rimanere una nullità», «Si è cimentato nella critica letteraria con esiti farseschi», «Curatore d’antologie piene di luoghi comuni...», «È bravo ma non finirà mai il poema...», «Ha fatto sensazione perché pubblica con pseudonimi...», «Gode favore letterario perché è un generale...comunque fa bella figura a cavallo». Nella sua rubrica non si salva nessuno. «Gli scrittori più "popolari", quelli di maggior "successo" (almeno per breve periodo) sono, in novantanove casi su cento, persone di mera destrezza, perseveranza, sfacciataggine: in una parola intriganti, adulatori, ciarlatani. Questa gente riesce con facilità a prendere per noia i giornalisti e far loro pubblicare recensioni scritte o fatte scrivere da parti interessate; o quanto meno a far pubblicare una recensione quale che sia, laddove in circostanze ordinarie non se ne sarebbe pubblicata alcuna». La carica dissacrante dello scrittore emerge tra le pagine della rivista. Chi ha scritto che «l’orrore e la fatalità regnarono in tutti i tempi» non nasconde la sua vena ironica, prendendo le distanze da tutto e tutti, e forse anche da se stesso. Lui che decise di scrivere su una rivista femminile che in fondo disprezzava. All’epoca, l’editore dongiovanni di «Godey’s Lady’s Book» voleva fare un po’ di rumore. E ci riuscì, magari rischiando anche qualche querela. Dal chiuso del suo cottage nell’allora campagna del Bronx, Edgar Allan Poe prendeva di mira i suoi «colleghi» senza nascondere il suo disprezzo non solo per chi copiava o plagiava ma anche per l’intero «perbenismo letterario» che imperversava attorno a lui. Che continuava a farci venire i brividi con il gatto attorcigliato sulla spalla.