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Non chiamatela particella di Dio

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«La mia scoperta non ha alcun significato soprannaturale» La ricerca deve continuare, siamo solo all'inizio dell'avventura

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Sichiedevano: se divido un granello di sabbia e poi lo divido ancora, e ancora e ancora, alla fine sarà sempre un granello di sabbia? Pensava anche a questo Peter Higgs, quando mezzo secolo fa si interrogava sul quid da scovare per capire come è nato l'universo, che cosa è veramente successo dopo il Big Bang. La più piccola delle particelle, il bosone, doveva avere massa per generare stelle e pianeti. Lo scontro alle velocità siderali - scontro o incontro? - non poteva ripetersi all'infinito senza creare nulla. Su questo il fisico di Edimburgo, che ora ha 83 anni, uno sguardo quieto e una nuvola di capelli bianchi, ha lavorato, in solitudine. Quarantotto anni fa la comunità scientifica era scettica sulla sua intuizione. A luglio scorso si è ricreduta: al Cern di Ginevra - nella simulazione del Big Bang che fa scontrare le particelle elementari ad altissima velocità impegnando tremila fisici tra cui seicento italiani - una scintilla, un'ondulazione è comparsa. Era al 99,99994 per cento il bosone di Higgs o, nelle semplificazioni dei media, "la particella di Dio". Higgs è in cima alla lista dei candidati al Nobel per la Fisica (grattacapo per Stoccolma, perché sono cinque gli scienziati che hanno contribuito alla scoperta e se ne possono premiare solo tre). Ma intanto oggi riceve a Percoto di Udine il Premio Nonino, l'alloro dei distillatori di grappa che ha già anticipato quattro Nobel (Rigoberta Menchù, V. S. Naipaul, Tomas Transtromer e Mo Yan). Nella vigilia della cerimonia lo abbiamo incontrato mentre fissava nel suo bicchiere i riflessi dorati del distillato. Professore Higgs, è vero che l'idea del bosone le è venuta mentre passeggiava in un bosco scozzese? «Niente affatto, è una frottola di Wikipedia che non riusciamo a rimuovere. Pensi, l'ultima volta che ho passeggiato in quel bosco era il 1957. Quando ho proposto la particella subatomica che crea un campo di forze universale che influenza la materia era il 1964». Anche sul nome "particella di Dio" data al suo bosone ha da ridire? «Sì, perché non si può attribuire alla mia teoria un valore soprannaturale. È solo un'importante scoperta scientifica. Quella definizione così altisonante è nata perché il direttore del Fermilab di Chicago aveva intitolato un suo libro sull'argomento La particella maledetta. All'editore parve offensivo e propose La particella di Dio. Del resto, io non volevo neanche legare il mio nome a quel bosone. Volevo solo che si chiamasse bosone H». E il bosone, la particella più piccola individuata dopo atomo, protone, elettrone, quark, perché si chiama così? «Deriva da Bose, un fisico indiano autodidatta che collaborò con Einstein». A che cosa potrebbe servire? «Difficile ora dirlo. Vive pochissimo tempo, un milionesimo di un milionesimo di un milionesimo di un milionesimo di secondo. Ma ha dato indicazioni per il lavoro di ricerca e sperimentazione, per sviluppare l'Lhc, l'acceleratore di particelle del Cern. Il modo stesso con il quale è stato individuato reca novità nello sviluppo delle tecnologie, specie nel campo dei computer. In sostanza il bosone Higgs è come il Dna, un link, un anello della catena non definitivo. Le dirò di più. La sua scoperta nel luglio scorso mi ha dato una certa preoccupazione». In ansia invece di essere felice della conferma della sua teoria? «Il rilievo così esteso che è stato dato alla scoperta mi ha fatto temere che il lavoro del Lhc potesse essere rallentato. Invece c'è tanta strada ancora da fare. Non sappiamo ancora quale massa abbia il mio bosone, né come interagisca con gli altri. Si tratta di inverare il modello standard, quello che descrive l'architettura di base della Natura». Chi ringrazia per la scoperta: se stesso, l'università di Edimburgo, il Large Hadron Collider di Ginevra… «Gli ingegneri e i tecnici che hanno costruito l'Lhc, quelli che hanno contribuito alla costruzione dei rilevatori della presenza di particelle, tutti gli scienziati che hanno lavorato sull'idea del bosone confermata a luglio scorso. Sinceramente non avrei mai pensato di vederne la scoperta prima di morire». Il premier inglese Cameron ha appena annunciato un referendum nel Regno Unito con il quale i sudditi di Elisabetta decideranno se restare in Europa o no. Che risvolti potranno esserci per la ricerca scientifica, visto che oltretutto il bosone è stato "catturato" dal superlaboratorio nato dalla cooperazione europea e costato 6 miliardi di euro? «Io sono internazionalista, l'umanità non deve avere confini. La mia scoperta nasce dalla collaborazione tra i popoli. Se qualcuno mi parlasse di separare l'Europa alzerei le braccia al cielo».

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