Il ritorno di Schwarzy tranquillo eroe d'azione
Peril duro e puro Schwarzy è un grande ritorno al cinema dopo 10 anni nei quali si è occupato di politica e ha assunto per due mandati il governatorato della California. Stavolta, Arnold è uno sceriffo dal passato burrascoso che dalla adrenalinica Los Angeles si è trasferito in una tranquilla cittadina dell'Arizona. Il suo è un personaggio sospeso tra la ferocia e l'umanità di un veterano, audace e micidiale poliziotto che ne ha viste di tutti i colori e, anche se crede di essere passato ad una vita tranquilla, dovrà invece vedersela con dei pericolosi narco-trafficanti, tra cannoni, mitra, scazzottate, carneficine e inseguimenti ad una diabolica Corvette. Con lui nel cast i quattro vice-sceriffi: la bella Sarah (Jaimie Alexander), il pingue Figgie (Luis Guzman), il buffo Lewis (Johnny Knoxville) e l'impavido Frank (Rodrigo Santoro). Oltre all'agente FBI Bannister (Forest Whitaker), al giovane Jerry (Zach Gilford) e al cattivo Cortez (Eduardo Noriega). Ieri Schwarzy, con la Akexander e Knoxville, era a Roma dove è stato accolto da Aurelio e Luigi De Laurentiis (che gli distribuiranno il film in 300 sale dal 31 gennaio). L'attore mancava da 11 anni dalla Capitale, da quando venne per presentare «Danni Collaterali» con Francesca Neri e ora ci rimarrà per qualche giorno di relax dopo la registrazione dello show di Carlo Conti «I migliori anni». Mister Schwarzenegger, che effetto le fa tornare in Italia per presentare un film a distanza di undici anni? «È bellissimo. Sono decenni che vengo in questo splendido Paese: per rivedere gli amici, per presentare film, per i concorsi di body building, per vacanza o per girare sui set». Cosa l'ha spinta a tornare al cinema dopo il suo mandato politico in California? «Il copione era fantastico: aveva intensità, dramma e azione che io amo e che i miei fan si aspettano da me; e allo stesso tempo, aveva molte scene comiche. Inoltre, il regista Jee-woon è molto talentuoso: è anche un grande appassionato di western (basterebbe vedere il suo precedente "Il buono il matto e il cattivo). E di citazioni del genere ce ne sono parecchie nel film, sia di pellicole americane sia di quelle italiane che hanno sfornato grandi opere western. Dopo il mandato di governatore sentivo che dovevo riabituarmi all'azione, ma pensavo di farlo un passo alla volta, invece non è andata così. Quando da governatore visitai un set cinematografico, un amico mi chiese: "Ma non ti manca tutto questo?". E io risposi: "No, preferirei essere a Sacramento, circondato da legislatori". Ma ora sono di nuovo al cinema d'azione». È più faticoso fare il politico o l'eroe nei film d'azione? «Sono entrambe attività che richiedono moltissimo lavoro, molta passione e abnegazione. Ovviamente nel campo politico le questioni sono molto più serie, hai meno margini di errore, devi occuparti di tutto 24 ore al giorno: dagli incendi alle carceri, dai terremoti all'economia e così via. È qualcosa che ti toglie molte energie e ti dà anche enormi responsabilità. I dieci anni di politica sono stati i più istruttivi della mia vita: sei lì seduto nel tuo ufficio a fare continue riunioni su tutto, dai senzatetto all'urbanistica, dall'edilizia all'istruzione, e così via dalle 7 del mattino alle 7 di sera ogni giorno. Quanto sia faticoso, quanto occorra studiare per essere all'altezza, soprattutto se sei assetato di formazione e di imparare nuove cose, lo sai solo se ci capiti dentro. Ora però sono felicissimo di essere tornato nei panni dell'eroe d'azione ed è decisamente un ruolo più tranquillo». Quali sono per lei gli eroi del nostro tempo? «Mandela, che dopo anni di prigione invoca il perdono; Gorbaciov, che pur essendo ai vertici del comunismo ha smantellato un intero sistema sovietico che non funzionava; Reagan, Lincoln, Roosvelt o Muhammad Alì che lotta contro la povertà con la sua fondazione; ma ci sono anche gli inventori di vaccini, i chirurghi e gli economisti». È d'accordo con la limitazione delle armi in Usa prevista da Obama? «Occorre separare fiction e realtà. Di fronte a certe tragedie dobbiamo trovare una strada per limitare al minimo la perdita di vite umane: con il cinema, con le leggi, con la tutela della psicologia di chi è malato di mente, con l'educazione. Dobbiamo essere attenti a tutti questi campi e lo dobbiamo alle vittime di certe tragedie. Ammiro il presidente Obama che non affronta il problema da un solo punto di vista, ma ha fatto una lunga serie di proposte molto dettagliate, dalla sicurezza nelle scuole alla malattia mentale, per esempio. Sono dalla sua parte».