Il teatro psicologico saluta il suo profeta
Siè spento ieri mattina all'età di 69 anni nella sua casa fiorentina il grande regista Massimo Castri, nato a Cortona il 25 maggio del 1943 e da tempo malato. Con Luca Ronconi si contendeva il titolo di maestro indiscusso del teatro italiano, dividendo critica e pubblico fra gli appassionati dell'uno o dell'altro. A preferirlo erano gli amanti della profondità psicologica e di una produzione scenica in cui la ricerca intellettuale non fosse mai disgiunta dalla potenza dell'emozione. Dopo aver esordito come attore nel 1965, si era laureato in lettere moderne e specializzato nel teatro politico di Piscator, Brecht e Artaud, pubblicando saggi di pregevole indagine critica. Direttore artistico dal 1994 del Teatro Metastasio di Prato e, dal 2000 al 2002, del Teatro Stabile di Torino e nel 2004 della Biennale di Teatro di Venezia, non amava le cariche quanto le regie. Schivo e geniale, impetuoso e talvolta umbratile, offriva il meglio di sé attraverso l'intensità dei suoi spettacoli che possedevano una magica energia, immediatamente percepibile all'apertura del sipario. Il suo rapporto viscerale e coltissimo con il testo diventava uno strumento di analisi donato allo spettatore che vedeva illuminarsi quadro per quadro, grazie anche e soprattutto a una meravigliosa, stupefacente e complice direzione degli attori, gli aspetti più intriganti, reconditi e rimossi dei personaggi. Emblema della forza comunicativa della gloriosa tradizione del teatro di regia italiano affrontava ogni incontro con la drammaturgia come un'avventura unica, speciale e memorabile, scegliendo ogni volta una lettura personalissima e incisiva del copione che forniva risposte inedite e intentate. Indimenticabile per la sua fertilità psicoanalitica non priva di passionalità l'incontro con Pirandello: «Vestire gli ignudi» nel 1976, «La vita che ti diedi» nel 1978, «Così è (se vi pare)» in due diversissime ed entrambi rivelatrici edizioni nel 1979 e nel 2007, «Il piacere dell'onestà» nel 1984, «Il berretto a sonagli» del 1989 o i più recenti «La ragione degli altri» del 1997, autentico capolavoro di geometrica compostezza espressiva, «Questa sera si recita a soggetto», con una leggendaria Valeria Moriconi, del 2003 e «Quando si è qualcuno» nel 2004 per Giorgio Albertazzi. Splendidi e degni di competere con Strehler, vincendo in intimità, i suoi allestimenti goldoniani «I rusteghi» e «La trilogia della villeggiatura». Si ricorderanno per sempre: «Elettra» ed «Ecuba» di Euripide, che testimoniano la sensibilità di Castri per il mondo classico come il suo libro: «I Greci nostri contemporanei», «John Gabriel Borkman» e «Spettri» di Ibsen, «Tre sorelle» di Cechov, «Finale di partita» di Beckett, «Porcile» di Pasolini. Tiberia De Matteis