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Donna meravigliosa che sapeva far ridere ma anche piangere

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Ifilm di Brusati con Mariangela protagonista: solo due negli anni Ottanta, "Dimenticare Venezia" e "Il buon soldato", ma lui l'avrebbe voluta sempre al suo fianco, anche in quel suo ultimo film, "Lo zio indegno", in cui però non c'erano personaggi alla sua altezza. Mariangela, invece, perfino ai suoi esordi dopo molto teatro, la sua prima passione, aveva trovato personaggi adatti alle sue corde e sempre con registi di valore. Con Nino Manfredi, nei primi anni Settanta ("Per grazia ricevuta") e, subito dopo, con Elio Petri ne "La classe operaia va in Paradiso", che le ottenne applausi al Festival di Cannes, dove furono in molti a chiedermi, ammirati, da dove c'era arrivata. Pronta, lei, a rivelarsi e a definirsi appena incontrata Lina Wertmüller cui va il grande merito di aver intuito le sue doti comiche in quel film squisito che sarebbe stato, per la prima volta insieme con Giancarlo Giannini, "Mimì metallurgico ferito nell'onore", seguito, sempre grazie a Lina e sempre con Giannini, da quel "Film d'amore e d'anarchia (Palma d'oro a Cannes per Giannini) in cui la sua versatilità le permetteva anche note serie, sia pure con sottili sfumature ironiche. Le stesse, ma con risvolti anche più seri, nel suo incontro con Vittorio De Sica per "Lo chiameremo Andrea", in cui si era ritrovata a fianco di Nino Manfredi con il sostegno di un testo scaturito dall'inventiva di Cesare Zavattini coadiuvato da Benvenuti e De Bernardi in uno dei loro momenti migliori. Sostituiti, più in là (1975), da Suso Cecchi d'Amico e da Tonino Guerra in quel "Caro Michele" dal romanzo epistolare di Natalia Ginzburg, che sarebbe stato il film più intimista, poetico, raccolto di Mario Monicelli e che l'avrebbe vista interprete felice del solo personaggio positivo da lei, con le sue finezze, addirittura "ricamato", pur nelle rivolte che covava. Avanti così. Autori e film di qualità sicure: dal "Casotto" di Sergio Citti, al "Gatto" di Luigi Comencini, a "Todo modo", ancora con Elio Petri, a "Oggetti smarriti" di Giuseppe Bertolucci, a "Aiutami a sognare" di Pupi Avati, a "Segreti segreti" di nuovo con Giuseppe Bertolucci, a "Panni sporchi" ancora con Mario Monicelli. Fino al 2003 che, anche dopo molti film all'estero, la vide a fianco di Fabrizio Bentivoglio in quel fortunato e severo film che sarebbe stato "L'amore ritorna" di Sergio Rubini. E avrebbe continuato. Forse per riproporre la comicità altezzosa e snob di "Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare di agosto", tanto malamente rifatto di recente, e gli impeti psicologicamente molto saldi di "Caro Michele". Invece la sua bella carriera, che io, nel 1979, avevo potuto onorare anche con un Premio De Sica, si è tristemente conclusa. Il cinema italiano, e tutti noi, non la dimenticheremo.

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