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ASTEROIDI INTAXI

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La Nasa studia un razzo speciale per «prelevare» piccoli corpi celesti L'obiettivo: «parcheggiarli» attorno alla Luna. E prendere quello che serve

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Loafferma un rapporto del Keck Institute for Space Studies del California Institute of Technology, che lo ha compilato in tandem con la Nasa. Secondo i ricercatori piazzare un asteroide così vicino alla Terra ne renderebbe molto più facile lo studio e persino la trivellazione. Lo studio propone di usare un razzo Atlas 5 per inviare un mezzo verso l'asteroide con una propulsione a ioni scaldati con la luce solare. Una volta raggiunto l'obiettivo, che non deve essere più grande di 7 metri di diametro, il che, comunque, ne fa un «sasso» di rispettabili dimensioni, una enorme «borsa» lo potrebbe incapsulare per poi trasportarlo, come in taxi, nell'orbita lunare. «Una missione del genere - spiegano gli autori del rapporto - richiederebbe da sei a dieci anni, a seconda della distanza dell'asteroide, a un costo di oltre 2 miliardi di dollari, non molto maggiore di quello del rover Curiosity». Insomma una «missione possibile» che avrebbe più di uno scopo. «Accalappiare» gli asteroidi per la ricerca spaziale significa prima di tutto poterli studiare, ma anche sfruttare, estraendo materiali pregiati, come il platino. Poi è possibile usare gli elementi dell'asteroide, come l'ossigeno e l'idrogeno, per rifornire le astronavi. Inoltre è possibile affinare le tecniche per deviare asteroidi in rotta di collisione con la Terra e infine è un passo avanti verso la permanenza a lungo termine dell'uomo nello spazio. E potrebbero essere proprio gli asteroidi ad aver «diffuso» la vita nell'universo. Un grande impatto di asteroidi, infatti, potrebbe aver trasferito materiale di carbonio al protopianeta Vesta, nella Fascia degli asteroidi, fra le orbite di Marte e Giove, oltre che all'interno dell'intero sistema solare. Le immagini catturate dalla sonda spaziale Dawn della Nasa mostrano due enormi crateri sulla superficie di Vesta, nel suo emisfero meridionale. I due grandi impatti avrebbero alterato non solo la sua forma, ma anche la composizione della sua superficie, secondo gli scienziati del Max Planck Institute for Solar System Research di Katlenburg-Lindau, Germania. Come si legge sulla rivista Icarus, i crateri sarebbero stati formati da impatti di numerosi piccoli asteroidi che avrebbero conferito materiale carbonaceo al protopianeta nei primissimi giorni del nostro sistema solare. Inoltre, eventi simili potrebbero aver portato il carbonio anche su altri pianeti interni, come la stessa Terra, e il carbonio è un elemento essenziale per la vita. Il materiale scuro di Vesta, quindi, potrebbe essere l'effetto di questi impatti ambientali vissuti nel corso della sua evoluzione, e non sarebbe invece di origine autoctona, in base alle analisi della composizione e della distribuzione.

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