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Oltre i pregiudizi, ecco la mostra sull'arte durante il fascismo

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Perchésolo da un impegno del genere può derivare «un'obbiettiva possibilità di capire e di distinguere». Queste parole potrebbero essere messe a contrassegno della nuova mostra che Firenze, sempre nella prestigiosa sede di Palazzo Strozzi, dedica alla cultura italiana tra le due guerre: «Anni '30. Arti in Italia oltre il Fascismo» (la rassegna- a cura di Antonello Negri, con Silvia Bignami, Paolo Rusconi, Giorgio Zanchetti e Susanna Ragionieri. Catalogo Giunti, pp. 253, euro 38- resterà aperta fino al 27 gennaio). Davvero un appuntamento da non perdere. E non solo perché, come rileva Antonello Negri, tornano a farsi ammirare opere come la «Donna al sole» di Martini, il «Figliuol prodigo» di Savinio e le «Zingare» di Campigli, la «Piovra» di Scipione e i «Buoi» di Viani, l'«Amaca» di Carena e il «Montale» di Peyron, i «Giovani in riva al mare» di Gentilini e la «Statua naufragata» di Nathan, lo «Schermidore» di Del Bon e i «Giocatori di polo» di Birolli, e tante altre creazioni che attestano il fervore di un'epoca. Ma anche perché, e torniamo alle riflessioni così eticamente propositive di Ragghianti, proprio quel fervore ci propone/impone di metter da parte ogni sorta di pregiudizio, di schema e di «ipse dixit» ideologicamente viziato. Ecco i «numeri» di quanto ci viene offerto per «capire» e «distinguere»: 7 sezioni, 96 dipinti, 17 sculture, 20 oggetti di design. E inoltre filmati, cicli di conferenze e tante altre iniziative collaterali per affrontare un argomento che ancora scotta: il rapporto tra gli intellettuali e il Fascismo. O vogliamo provocatoriamente dire: la fascinazione esercitata dal Fascismo sugli intellettuali? Perché - e si tratta di una «scandalosa» constatazione cui pervenne, 30 anni fa, un vastissimo pubblico, visitando la la Mostra «Anni Trenta. Arte e Cultura in Italia», allestita a Milano, tra la Galleria e Palazzo Reale- quel che colpisce subito gli occhi e la mente è la straordinaria vivacità di una stagione. Tutt'altro, dunque, che un'Italia chiusa e ottusa, vessata da una bieca tirannide ignorante e ignara del mondo. Ma, anzi, una nazione che tumultuosamente cresce: e il dibattito tra gli artisti, i contatti tra gruppi italiani e gruppi europei, le polemiche, i viaggi, gli scambi, la comunicazione di massa, la radio, il cinema, i rotocalchi, il disegno industriale ecc. sono la testimonianza di una profonda trasformazione e di un processo di modernizzazione che il Regime non frena, ma accelera. Ovvio che di un «regime» si tratta. E che sui suoi tratti autoritari, illiberali, totalitari ecc. il dibattito è di quelli destinati a non finire. Ma il profilo storico, con luci, ombre e chiaroscuri, si arricchisce, se di tutto si dà conto. E qui, visitando la Mostra, quel che ti colpisce è l'abbondante seminagione di creatività. Una vera febbre che percorre i centri intellettuali più vivi della Penisola: il gruppo di Milano, quello di Roma, quello di Torino. Si tratta di fascisti? Spesso sì, qualche volta no: fino alle leggi razziali del '38, comunque, al Regime non danno noia irrequietezze antiaccademiche e incendiarie effervescenze. M. B. G.

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