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Nerone apre gli occhi dei revisionisti

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L'altra storiaGli storici rivalutano il figlio di Agrippina Minore Fu il tiranno che appiccò l'incendio ma amava anche le arti

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PerchéAnticristo fu considerato anche Federico II di Hohenstaufen la cui tomba nella Cattedrale di Palermo è da sempre oggetto di devoti, cristianissimi pellegrinaggi. E quanto a Hitler e a Stalin, Nerone (perché è di lui che stiamo parlando) fu senza dubbio un «capo» dotato di eguale, terribile, fascino carismatico ma di maggiore complessità. Nel (poco) bene e nel (molto) male? Bè, nel far bilanci gli storici non dovrebbero tirar fuori il bilancino ma, per dirla con l'intellettualissimo Nichi Vendola, avere il gusto della «narrazione». Che non difettava neppure a Tacito e a Svetonio, due sobri spiriti aristocratici fieramente avversi all'effervescente «populista» Nerone. Oggi, comunque, gli accademici cercano di dare a ciascuno il suo e l'immagine di Nerone ne esce rivalutata; quanto ai «narratori», si nota una certa propensione a cercare in Nerone i tratti dell'«irregolare» di genio, del «maledetto» ante litteram, del «bello e dannato» che ci fa sempre la sua figura in un modo di mediocri bruttarelli. Viva Nerone? Non scrisse proprio così Montanelli nella sua «Storia di Roma» (Rizzoli, 1957), però si chiese se tutto sommato Nerone non fosse migliore di come ce lo hanno sempre descritto. Quarant'anni dopo quel bastian contrario di Massimo Fini, disegnandone un polemico contro-ritratto per Mondadori («Nerone. Duemila anni di calunnie»), non si prefisse di trasformare il «mostro» in un «santo», ma piuttosto quello di mettere una serie di acuminati puntini sulle «i» della vulgata. Insomma, diciamola tutta. Nei 14 anni del suo impero - dal 54 al 68 - Nerone fece ammazzare, per ragioni «politiche», un bel po' di gente, tra cui la madre Agrippina e la moglie Ottavia. Aveva a disposizione occhiuti servizi segreti che funzionavano egregiamente, togliendo di mezzo chiunque gli facesse ombra. Detestava i senatori e nel 65 represse nel sangue la congiura guidata da Claudio Calpurnio Pisone, costringendo al suicidio fior di intellettuali come Seneca, Lucano e Petronio. Già, ma questi insigni rappresentanti dell'«intellighentsia» romana non lo avevano forse sostenuto a spada tratta, e lodato, e incensato, salvo poi mettersi a tramare alle sue spalle quando videro minacciate le loro rendite di posizione? No, Nerone non era uno stinco di santo e men che meno lo era il suo cortigiano/consigliere Tigellino, forse più lussurioso e crudele del «padrone»: ma neppure gli altri brillavano per coerenza e lealtà. E poi quel Seneca, quel «maestrino» così ipocrita e perbenista... Fini non fa sconti. Il che non significa che «riabiliti» Nerone. Però simpatizza per il ragazzo che a diciassette anni deve farsi carico di onori e oneri imperiali. E che, innamorato della cultura, dell'arte, della musica, ce la mette tutta per rendere più bella Roma, senza trascurare né i «bisogni» né i «sogni» del suo popolo. Che lo ama e lo applaude. Perché Nerone ci tiene ad «esibirsi». «Panem et circenses»? Perché no? Alla faccia dell'altezzoso senato che teme l'«appeal» esercitato sulla plebe dall'imperatore. E l'incendio di Roma? Probabilmente, ebbe origini casuali, anche se poi Nerone individuò nei cristiani la causa, perseguitandoli e beccandosi l'appellativo di Anticristo. Quanto a Roma, ne curò la ricostruzione e fece edificare la splendida «Domus Aurea». In linea col culto per la bellezza. Ad aggiungere qualcosa al «revisionismo» filo-neroniano è venuto di recente Andrea Biscaro - cantautore, studioso di tradizioni popolari e autore di storie per bambini - con «Nerone. Il fuoco di Roma» (Castelvecchi), una biografia romanzata dal taglio pop-minimalista. Biscaro, con giovanile complicità, porta sulla scena un imperatore diciassettenne per cui la notte è piccola. Si vuol divertire, Nerone, vuole sbronzarsi, stare in compagnia di belle ragazze, sentire l'affetto del popolo, andare in giro per le bettole. «Io sono un artista, non un uomo di governo!», dice alla madre. Ma la madre Agrippina non gli dà retta. E si sa quel che accade quando si interrompe un'emozione...

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