Sarina Biraghi Si torna indietro nel tempo, alle domeniche con il pranzo dai nonni, con le pasterelle e il calcio alla radio prima e in tv, in bianco e nero, poi.
Èla biografia di Sandro Mazzola, firmata insieme a Marco Civoli, «Ho scelto di stare davanti alla porta» (Lumina, pag. 279 euro 16), dal tocco agile, accattivante, piena d'informazioni ma, soprattutto, toccante, nel racconto di una vita piena e di una straordinaria carriera. L'infanzia di Sandrino Mazzola, è sconvolta dalla prematura perdita di papà Valentino, il capitano del Grande Toro che morì nella tragedia di Superga, un'ombra per quel bambino che voleva gioacare a pallone. Ma anche no, perché gli piaceva il basket, la pallavolo però, come gli disse suo fratello Uccio, «noi siamo gente da pallone tra i piedi». E così, dopo una notte insonne scelse di «stare davanti alla porta». Mazzola soffrì agli esordi proprio perché il paragone con il padre era inevitabile e perché portare un cognome importante non aiuta, anzi è un fardello, un dito puntato addosso pronto a sottolineare le inadeguatezze. Poi l'esordio nel calcio che conta, la crescita, come uomo e come atleta, e la consacrazione come campione indiscusso in una rincorsa, persino ossessionante, alla maglia nerazzurra. Con quel cognome pesante da portare e da gestire, almeno fino a una notte viennese nel maggio del 1964, quando comprese, con due reti e una coppa alzata al cielo, di essere finalmente Sandro Mazzola, un campione, e non più solo Sandro figlio di Valentino. E ancora, la Nazionale, il Messico, Rivera e quella partita leggendaria giocata a metà; la maturità, l'addio al calcio giocato, il ruolo di manager e un pallone visto da un'altra angolazione. Con un'unica fede, profonda, incrollabile e rimasta intatta: l'Inter. Insomma, insieme a Civoli, Mazzola ripercorre settant'anni di calcio e di Italia, un calcio e un'Italia che non ci sono più: i trofei, i personaggi incontrati, le storie e le confessioni, dal campetto alla scrivania di dirigente a fianco dei presidenti nerazzurri delle ultime cinque decadi, Angelo Moratti, Fraizzoli, Pellegrini e Massimo Moratti. Ma sempre con la stessa semplicità e dignità.