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Da Gerusalemme con amore

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Una metropoli moderna che mantiene le sue caratteristiche più antiche Piena di contraddizioni e lontana dalle «cartoline» con cupole e palme

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ÈGerusalemme, alla quale si potrebbe applicare qualunque aggettivo e il suo contrario, ma che ha una costante caratteristica: quella di far innamorare chiunque, anche di sfuggita, l'incontri. È in libreria un bel volumetto, corposo e «leggero» al tempo stesso: «Gerusalemme. Una storia» dell'insigne medievalista Franco Cardini, editore Il Mulino. Cardini descrive questa, che oggi è una metropoli che pur mantiene il suo carattere storico e antico, come una città stupenda, condannata dai pittori dell'Ottocento ad apparire sempre afosa, invasa dalla sabbia, in qualunque sua parte piena di cupole e palme. E così il professor Cardini inizia, «lento pede», un'opera di «debanalizzazione» di tutto quello che si sa, o si crede di sapere, su una città la cui storia si perde nella notte dei tempi. Scrive Cardini: «Gerusalemme liberata. L'hanno liberata in tanti: forse in troppi. Primo fra tutti Ciro il Grande, che nel 538 a. C. autorizzò gli ebrei che Nabucodonosor aveva deportato in Babilonia a rientrare in patria e ricostruire la loro città: e che da allora è ricordato e venerato come il liberatore per eccellenza, il primo dei Giusti tra le Nazioni. Che ironia questa circostanza vista oltre duemilacinquecento anni dopo e alla luce dei rapporti tra l'Israele di Netanyahu e l'Iran di Ahmedinejad! Come se la storia si prendesse sul serio gioco degli uomini». E sì, chi si prende la briga di voler capire Gerusalemme si trova ad avere a che fare soprattutto con le contraddizioni. Gerusalemme, come si diceva all'inizio, è tutto e il contrario di tutto. E fa uno strano effetto alle persone. Anche ai seri e stimati studiosi. Come Cardini che introduce subito il lettore alla unicità di questo cuore pulsante del monoteismo svelando una sua bugia, una balla, una terribile bufala. Sì, ammette il professore: la prima volta che si trovò davanti alla Porta di Giaffa mentì spudoratamente ai suoi compagni di viaggio. Diede ad intendere di conoscere bene la città, anzi, di averci già, in passato, a lungo vissuto. E si mise anche a fare la guida turistica. In pratica si comportò come certi giovanotti che, vedendo una bella ragazza, dicono subito: «Ma noi ci conosciamo già!» E qualche volta gli va pure bene. Così Cardini ci introduce a questa «città dei paradossi». «L'hanno chiamata città dei colori, delle luci, dei suoni - scrive ancora Cardini - Di questi ultimi soprattutto: le campane delle chiese, il brusio che all'alba e al tramonto accompagna l'avvio della preghiera musulmana... Hanno discettato su quale sia la sua ora o la sua stagione più bella: se nella luce dell'alba quando il suq si risveglia, o al tramonto quando le ombre del mulino Montefiore e dei radi ciuffi di palma attorno alla cinta occidentale delle mura si allungano, o nel fuoco del mezzogiorno estivo; se inondata dalla luce chiara e dal vento profumato di primavera o immersa nelle non sempre rare e magre nevicate di febbraio; o in certe notti stellate, anche se ormai lo splendore della metropoli notturna proietta sul cielo una bruma rossastra che troppo e troppo spesso nasconde il palpitare degli astri». Quello di Cardini tutto è fuorché il convenzionale e paludato saggio che uno storico fa su una città. È un «invito alla lettura», è una chiacchierata tra amici, è un momento di rilassato raccontare in una carriera di autorevoli tomi storici. Gerusalemme è una città piena di misteri, di odori, di musiche che fanno effetti strani. È la città delle coincidenze. Racconta Cardini che «una curiosa coincidenza, a quel che pare, volle che i romani penetrati in Gerusalemme prendessero e incendiassero il Tempio il 29 agosto del 70, lo stesso giorno nel quale nel 587-586 a. C., esso era stato occupato e distrutto dai babilonesi. Era, nel calendario ebraico, il 9 del mese di Av: quel Tisha b'Av che ogni anno viene ancora ricordato sotto il Kotel e nel quale gli ebrei sintetizzano la somma delle loro sofferenze, dei loro errori, delle loro sconfitte». E sì, Gerusalemme è una città sconfitta. Ma tutt'altro che rassegnata. Il professore la dipinge con un racconto storico disteso, ma perfettamente strutturato, dai primi insediamenti, nell'Età del Bronzo, cinquemila anni fa, al suo sviluppo «a strati». Una città che oggi si presenta come una torta. Così oggi il presente affiora nel terreno e man mano che si scende, archeologicamente parlando, si penetra sempre più verso gli strati più antichi. Ma il problema è che per «arrivare» alla Gerusalemme romana bisogna fracassare quella delle Crociate... un dilemma per gli studiosi che, spesso, preferiscono lasciare tutto come sta. Il grande merito di questo libro, che sfugge alle definizioni: un po' diario, un po' saggio storico, è di raccontare guerre, editti, edificazioni e distruzioni con occhio distaccato. E di andare alla ricerca della natura profonda di una città talmente complessa e «diversa da se stessa», da sfidare ogni descrizione o racconto. Il professor Cardini la prende alla lontana, «corteggia» Gerusalemme come fosse una cara amica che si conosce da tempo e della quale, da tempo, si è segretamente e perdutamente innamorati. Le si avvicina, con aria quasi distratta, si presenta, si interessa del suo carattere e della sua vita. E, alla fine, le dichiara il suo amore. Con questo splendido libro.

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