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Salemme superstar «Io, diavolo custode comico e tentatore»

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Siride con intelligenza grazie a «Il Diavolo custode», testo ricchissimo di quell'ironia propria del grande mattatore napoletano, con un finale a sorpresa. A scatenare il meccanismo comico è stavolta l'ambita seconda chance che tutti prima o poi invochiamo, senza immaginare quali divertenti ed inattesi risvolti ci possa riservare. Salemme, qual è la trovata comica che regge la sua commedia? «Ho scritto una commedia che, mi auguro, faccia venire voglia di parlare di più con se stessi, con quel diavolo che è in noi e che non fa poi tanta paura, perché alla fine è solo un povero diavolo che non può far male. Ma vuole offrire una seconda possibilità, visto che ci lamentiamo spesso con l'universo intero e con la vita che sono stati troppo crudeli con noi. Che ci hanno tarpato le ali, che ci hanno spezzato i sogni. E allora immaginiamo che un giorno il nostro diavolo custode salga sulla terra per dirci: "Vuoi tornare a nascere e ricominciare daccapo? La vuoi la seconda possibilità? Ma sei sicuro che ne valga la pena? Ce la farai a fare di meglio?». Sono queste le domande che pongo nella mia commedia, sempre all'insegna delle risate». Chi è in particolare il personaggio intercettato dal diavoletto? «Si chiama Gustavo Gambardella che ha acceso un mutuo per il suo Bar Vespasiano, creato proprio attorno ad un antico pissoir (per dirla alla francese), ma le cose non gli vanno bene. Così, a un certo punto il diavolo gli dice: "Ti dò una seconda possibilità se avrai il coraggio di vendere l'anima al diavolo. In realtà, il mio diavoletto non c'entra nulla con la religione ma, semmai, con l'inconscio e la coscienza che ha paura di cambiare e finge che le cose vadano bene, ma poi l'inconscio lavora, si ribella e fa commettere atti sconsiderati. L'umanità vive cercando di dimostrare che la speranza non esiste e ognuno pensa solo ai fatti suoi. D'altra parte, con chi ce la prendiamo? Persino la globalizzazione è un sotterfugio per nascondere i poteri forti, mentre prima c'erano padroni e servi e le cose, se non altro erano chiare». La risata aiuta in periodi di crisi? «La risata deve aiutare a vivere e a sopportare la crisi senza però condurre alla fuga dalla realtà». Lei sarà anche al cinema, dal 3 gennaio, in «Mai Stati Uniti» dei Vanzina: che personaggio interpreta nel film? «Con i Vanzina siamo andati a girare nel nord ovest degli Usa, a Las Vegas e dintorni, perché la storia richiedeva un set americano. Io interpreto uno dei cinque protagonisti che scoprono di essere fratelli, figli dello stesso uomo, dal quale ereditano, anche le sue ceneri, da spargere in un lago degli States». Sta già pensando alla sua prossima regia cinematografica? «No, anche se con Panariello diciamo sempre di fare un film insieme e, magari, quest'anno sarà quello giusto». A chi si ispira per le sue commedie? «Racconto storie e personaggi esasperando i toni comici, vengo dalla scuola napoletana, ma non mi riconosco in nessuna etichetta. Al Delle Palme di Napoli sta andando molto bene un'altra mia commedia "E fuori nevica" che porterò in tournée l'anno prossimo in tutta Italia». Un consiglio per sopravvivere alla crisi? «Dovremmo imparare ad accontentarci di più, guardando la ricchezza che è dentro di noi e non fuori. Chi sta bene ed è sereno saprà poi far mangiare anche gli altri più bisognosi. Basta con i falsi poveri e i falsi ricchi che fanno il passo più lungo della gamba. Lasciamo che i ricchi producano lavoro».

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