Quattordici big e una grana per Fazio

Afregarlo è quella sua calcolata allure da finto-eterno-bambino precipitato in un mondo di compromessi discografico-mediatici, dove i cattivoni faranno di tutto per togliergli la corona da difensore della Grande & Matura Musica Italiana. In fondo, la lista dei 14 big annunciata ieri non è malaccio, e come sottolinea lo stesso direttore artistico, è ispirata alla «contemporaneità», cioè al gusto dei giovani (gli ultimi rimasti a comprarsi qualche canzone) che amano i fuoriusciti dai talent show e gli eroi del pop che abbiano non più di quarant'anni e dintorni. Eccola: Almamegretta, Annalisa, Chiara, Daniele Silvestri, Elio e le Storie Tese, Malika Ayane, Marco Mengoni, Maria Nazionale, Marta sui tubi, Max Gazzè, Modà, Raphael Gualazzi, Simona Molinari con Peter Cincotti, Simone Cristicchi. Tra gli esclusi dell'ultim'ora: Morgan (due giudici di XF sarebbero stati troppi), Mario Biondi e la brava Nathalie. Due canzoni a testa (ma una sola arriverà alla finale), e via andare. Il prepensionamento dei vecchioni (con la minuscola) della nostra scena canora è completato. Toto-vincitore. A botta calda, potrebbero giocarsela in sei: Annalisa (in grande maturazione, è una carta più sofisticata di quanto vorrebbero i detrattori di "Amici"), il sornione Silvestri, la felpata Malika, il virtuosetto Mengoni, l'artisto-jazz Gualazzi e Chiara, pronta a sfruttare l'onda lunga del trionfo a "X Factor". Hanno già vinto a suo tempo Cristicchi e i Modà, Almamegretta e Marta sui tubi saranno preziosi outsider, Molinari & Cincotti voleranno su quote internazionali, Maria Nazionale era già stata un flop nel 2010 al fianco di Nino D'angelo. Il flop degli inviti. La fanfara di Fazio era stata roboante (anche i suoi predecessori sparavano sempre troppo alto). Due mesi fa aveva dato per certo il suo «amico» Paoli, che infatti si era defilato presto: Gino sosteneva di non avere i brani giusti nella testa, ma soprattutto voleva esibirsi solo con il piano di Danilo Rea, escludendo l'orchestra. Poi aveva tuonato contro i talent, e contro la necessità della musica in tv. Amen. A quel punto Fazio aveva corteggiato i Negramaro a «Che tempo che fa», ma nisba (però un pezzo di Malika è firmato da Sangiorgi), idem per la Mannoia, Elisa e Niccolò Fabi. Nessuno voleva aderire al progetto di uno scontro fra idoli nuovi e consolidati. Sopratutto perché, in fase di elaborazione, Fazio aveva spavaldamente chiuso le porte ai «talentari». E mal gliene incolse. Dimmi quando. Su Twitter Fazio piange: «Quanto alla data. È ovvio che se si votasse il 17 febbraio, il festival dovrebbe spostarsi. Ma non ci voglio nemmeno pensare». In sua vece, si stanno arrovellando in tanti a Viale Mazzini, dove sono finiti in un cul-de-sac, e non solo per la battutaccia- boomerang della Littizzetto sul Cavaliere. L'alzata di scudi di alcuni consiglieri Rai contro la greve sortita a «Che tempo che fa» è la parte politica del problema. Quella ancora più spinosa è aziendale. Dando per scontato che l'election day (voto nazionale con le regionali in aggiunta) si avrà il 17, è impossibile pensare che il servizio pubblico manchi a un suo preciso compito istituzionale: quello di garantire le tribune elettorali, «Porta a Porta», i faccia a faccia, con la rete ammiraglia presidiata dal Festival dal 12 al 16. Questione di statuto, e su un altro versante anche la necessità di assicurare agli inserzionisti un Sanremo non imbavagliato da se stesso e dalla prevalenza della politica. Quindi si slitterà, possibilmente al 19 febbraio. Ne gioveranno la satira e la «libertà» di cazzeggiare per la Littizzetto o di concionare per Saviano (se ci sarà). Il problemone per Fazio sarà pregare che i superospiti (Penelope Cruz, i Muse, la chimera McCartney) non abbiano impegni per le nuove date. Povero Fabio, ha avuto storie perfino con Baglioni (il budget Rai...) che ha dato forfait malgrado i due siano pappa e ciccia. Insoma, non sarà il festival degli «amici». Di Fazio, non di Maria.