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di Antonio Angeli «Gli hobbit sono (o erano) gente piccola, alta circa la metà di noi, e più bassa dei barbuti nani.

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Eproprio oggi esce l'ennesimo film tratto da un suo libro «Lo hobbit», che, per i cultori della saga, è il primo capitolo del Signore degli Anelli. Eppure non è lontana un'epoca nella quale la critica letteraria guardava Tolkien con sospetto o, peggio, proprio non lo guardava. E questo accadeva più che mai in Italia dove, per anni, su tutti i suoi libri c'era, invisibile, ma pesantissimo, il marchio d'infamia di autore di «destra». A John Ronald Reuel Tolkien, raffinato intellettuale, fedele soldato di Sua Maestà nella prima Guerra Mondiale, professore di Oxford è toccata la storia triste, ma in fondo a lietofine, che fu del suo compatriota George Orwell. Tolkien non si lasciò mai affascinare dalle utopie Marxiste: nella sua produzione letteraria le ignorò. E questo, nel Novecento, era quasi un reato per quelli che, anni dopo, si sarebbero chiamati «politicamente corretti». Certo, lo scrittore nato a Bloemfontein nel 1892, non ebbe mai quei moti visceralmente anticomunisti dell'autore della «Fattoria degli animali». Ma nei romanzi di Tolkien, «Lo hobbit», il primo, fu pubblicato nel '37, c'erano troppe spade, troppi guerrieri. La sua saga della Terra di Mezzo fa venire in mente Wagner, ci sono continui riferimenti alla mitologia nordica, anche se a quella l'autore non voleva apertamente rifarsi. Poi una colpa, fondamentale, Tolkien, come l'altro, Orwell, l'aveva. Era un intellettuale e non era di sinistra. E questo in un mondo nel quale simpatizzare con Stalin, rimanendo, ovviamente, ben lontani dall'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche ed essere, in patria, magari anche un poco perseguitati, era, in fondo, molto «cool». Questo negli anni Cinquanta, nei quali fu pubblicata la trilogia del Signore degli Anelli. Tolkien piaceva, soprattutto negli Stati Uniti, e questa fu, in Italia, un'ulteriore colpa, che confermava l'alone di «scrittore di destra». E questo poi, nei Settanta, in Italia, non era nemmeno concepibile. Gli intellettuali erano organici e di sinistra. Tutti gli altri non erano «impegnati» e producevano sottocultura. Certo definire «sottocultura» quella di Tolkien e, peggio mi sento, i romanzi di Orwell era un'impresa troppo dura anche per chi considerava cultura solo l'anticonformismo ribelle alla Sartre. Così la Terra di Mezzo (e La fattoria degli animali) finirono negli scaffali dei libri per ragazzi. E ragazzi, anzi, bambini un po' cresciuti, furono considerati quei giovani che, tra i Settanta e gli Ottanta, organizzavano i Campi Hobbit. Chissà cosa ne avrebbe detto Tolkien che, nel frattempo, era morto a 81 anni suonati, nel '73. Ma il tempo è galantuomo e alla fine il professor Tolkien, mito dei ragazzi di destra, sull'onda di film e Oscar, è diventato il signore dei kolossal.

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