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di Mario Bernardi Guardi Al cabaret dell'«Angelo Azzurro» la sciantosa Lola-Lola si esibisce di fronte a sovraeccitate platee di maschi e strapazza i sensi di un austero prof.

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Bè,tanto solidi no, visto che capitola dinnanzi alla fascinosa femmina, se ne innamora, la sposa e, di grado in grado, precipita nell'abbiezione. La sinuosa vampiressa era interpretata dalla ventinovenne Marlene Dietrich che, nel 1930, diventò un'icona del sesso grazie al film «L'Angelo Azzurro», diretto da Josef von Sternberg e con Emil Jannings nella parte del docente di mezza età, ridotto al rango di uno sbavante schiavo. Prima pazzo d'amore, poi pupazzo nelle sue mani. Ma anche la «donna» Marlene Dietrich era una sorta di «mantide»? Lo scrittore Franz Hessel, colto e curioso «flâneur», ce ne offre un ritratto che ne svela la forza incantatrice (Franz Hessel, «Marlene Dietrich», a cura di Alessandro Campo, Elliot, pp. 56, euro 7,50). Franz incontra l'attrice nel 1931: la Maliarda, che non ha resistito al richiamo di Hollywood dove ha già interpretato «Marocco» e «Disonorata», è a Berlino per un breve periodo di pausa. Lui la guarda affascinato, ne esalta il talento, ne coglie i tratti che la radicano nell'ambiente cittadino, tra sobborghi e cabaret, «delicate albe invernali e lunghe sere estive», ne mette in rilievo con simpatia il persistente accento berlinese. È emozionato. Sente ronzare nelle orecchie un'eco potente e insinuante: «Io sono la frizzante Lola (...)/ dalla testa ai piedi fatta per l'amore». Ha ragione il critico Max Brod: «Quando siede a cavalcioni sulla sedia, suscita un richiamo più eccitante e selvaggio della più esplicita intimità...Quando solleva lievemente, solo accennando, la coscia, quest'unico movimento sostituisce un'intera orgia». Ma Franz Hessel è, in qualche modo, un «maniaco sentimentale», e sente il bisogno di mettere una paradossale aureola sul capo di quella «bad girl», attorno alla quale gli uomini «svolazzano come falene attorno alla luce». «Marlene Dietrich - scrive - può sorridere come un idolo, come le antiche divinità greche, e al contempo apparire innocente». Innocente? Franz insiste: «Non si può muovere alcun rimprovero al suo sorriso. Non intende "niente di male"». Poi, ci ripensa: «E tuttavia può essere anche il sorriso di Astarte, capace di irretire, un'espressione di quella "Venus vulgivaga" che come secondo lavoro faceva la dea della morte». Ma ci ripensa ancora: «Il ritornello divenuto famoso - "Dalla testa ai piedi sono fatta per l'amore..." - è cantato dalla Dietrich con una calma e una nudità naturale...Qui il sesso non si sforza di irretire, è offerto spontaneamente, è a disposizione». Che dire? Hessel parla dei film di Marlene, esplorandoli con finezza critica, ed evoca la bambina e l'adolescente, il suo amore per il teatro, i primi ruoli ottenuti «in spettacoli che non vale la pena di citare, poiché Marlene Dietrich sopravviverà ad essi». C'è posto anche per la brava ragazza che si sposa «e ha una figlia alla quale si dedica quasi esclusivamente per due anni». Quasi. Perché sta nascendo la star. Perché - da una rivista a un film muto - Marlene comincia ad essere ammirata. Poi l'esplosione erotico-immaginifica di Lola-Lola. Con quella bellezza «spudorata e innocentemente esposta». Innocente, candida e sovrana dominatrice. «E come Afrodite dalla schiuma del mare - scrive Hessel in pieno rapimento estatico - ella sorge leggiadra dalla fanghiglia del desiderio che si arena ai suoi piedi, ride con diletto e vacuità dell'universo che in lei va in pezzi e che si sbriciola sotto di lei». Era il 1931. L'Angelo Marlene aveva davanti a sé una lunghissima carriera. Tanti film, tante avventure, tante polemiche. Si pensi soltanto a quelle che seguirono il suo abbandono della Germania - in odio, si dice, ad Hitler e a Goebbels che le avrebbero fatto ponti d'oro - alla volta degli USA, dove non brillò solo come star, ma anche come neo-convertita yankee, tanto anti-nazi da cantare, durante la guerra, per i soldati, sollevandone così il morale in attesa della battaglia. I tedeschi, e non solo i fanatici di Hitler, non glielo avrebbero mai perdonato. Mentre Hollywood le avrebbe perdonato - proprio in forza del suo «patriottismo» a stelle e strisce - la spregiudicata e vorace bisessualità. Quanto a noi - insieme ai posteri - non dimenticheremo Lola-Lola. E non dimenticheremo Marlene che canta Lili Marleen. Per tutti i soldati del mondo, uniti su tutti i fronti da quella voce fatta di carne, desiderio struggente, sangue e lacrime, Marlene fu l'Amante ma anche la Mamma.

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