Il Nobel Mo Yan «La censura? Una cosa necessaria»
L'autore allineato con il governo di Pechino la paragona ai controlli negli aeroporti
Unacosa noiosa, ma necessaria. Come la censura. Una cosa che serve». La dichiarazione, bruciante arriva dal premio Nobel per la Letteratura Mo Yan che, mai come in questo momento, sta facendo discutere. Lo scrittore si è espresso così ieri, durante una conferenza stampa a Stoccolma, dove si trova per ritirare il premio. Una posizione dura da digerire per chiunque. «Non credo che la censura possa o debba prendere il posto della verità - ha detto lo scrittore in sintonia con il governo di Pechino - ma credo anche che calunnie o dicerie di ogni genere debbano essere censurate». Questa la risposta ad un giornalista che aveva chiesto il suo parere sulla libertà d'espressione e sui suoi rapporti con il governo cinese. «Spero che la censura si attenga ai principi più nobili», ha detto ancora Mo Yan, che ha poi spiegato il suo punto di vista con una metafora: «Quando sono salito sull'aereo per raggiungere la Svezia, ho dovuto affrontare i controlli di sicurezza, ho persino dovuto togliere la cintura e le scarpe. Ma sono convinto che queste forme di controllo siano necessarie». Mo Yan, 57 anni, vero nome Guan Moye, autore di romanzi come «Sorgo Rosso» e «Il supplizio del legno di sandalo», ha scelto lo pseudonimo che in cinese significa «non parlare». Il Nobel 2012 gli è stato conferito per le sue opere «che fondono con realismo allucinatorio storia, folklore e vita contemporanea», come si legge nelle motivazioni dell'Accademia Svedese. Mo Yan è continuamente oggetto di critiche per la sua adesione al Partito comunista cinese e per l'atteggiamento «politicamente scorretto» nei confronti di tematiche come i diritti umani e la libertà d'espressione. Nel corso della conferenza lo scrittore ha evitato di approfondire la questione di Liu Xiaobo, attivista politico, vincitore del Nobel per la Pace 2010, che sta scontando una condanna a 11 anni per incitazione alla sovversione dopo aver promosso e firmato «Charta '08», un manifesto che proponeva la modifica del sistema cinese in senso democratico e multipartitico. «Ho già espresso la mia opinione in merito la sera stessa in cui ho ricevuto la notizia della vittoria del Nobel», ha detto Mo Yan, che in quell'occasione aveva manifestato la speranza di un immediato rilascio di Liu Xiaobo. Tuttavia, lo scrittore non sarà tra i firmatari dell'appello già siglato da 134 premi Nobel per chiedere la liberazione dell'intellettuale: «Sono sempre stato indipendente, mi piace rimanerlo. Quando qualcuno cerca di forzarmi a fare qualcosa, io non la faccio», ha concluso. Ascoltando le parole di questo artista e uomo di cultura, volendo essere veramente democratici corre l'obbligo di porsi una domanda: e se avesse ragione lui?