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Addio a Niemeyer, papà dell'architettura

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Aveva 104 anni. La sua vita legata a filo doppio con la politica brasiliana Fidel Castro diceva: «Io e lui gli ultimi comunisti rimasti al mondo»

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A104 anni Oscar Niemeyer, il padre della nuova capitale del Brasile, la città di Brasilia, se ne è andato dopo aver lavorato fino a pochi giorni fa nel suo studio panoramico sulla spiaggia di Copacabana. Lasciando in tutto il mondo il segno indelebile dei suoi edifici dalle linee rotonde e musicali che comunicano l'espansione della vita attraverso le mille possibilità strutturali del cemento armato. «Non è l'angolo retto che mi attrae – amava dire Niemeyer – né la linea diritta, dura, inflessibile, creata dall'uomo. Quello che mi affascina è la curva libera e sensuale: la curva che trovo sulle montagne del mio paese, nel corso sinuoso dei suoi fiumi, nelle onde dell'oceano, nelle nuvole del cielo e nel corpo della donna preferita». Era nato a Rio de Janeiro nel 1907 e nel 1928 si era sposato con Annita Baldo, figlia di emigranti padovani. Nel 1934 si laurea ingegnere architetto e va a lavorare nello studio di Lucio Costa, futuro ideatore del piano di Brasilia. Fondamentale, in quegli stessi anni, il contatto con un mito dell'architettura come Le Corbusier che ha indirizzato la sua ricerca verso un uso delle possibilità estreme del cemento armato. Nel 1945 entra nel partito comunista brasiliano, a cui resterà sempre fedele. Due anni dopo va a New York per lavorare al Palazzo di Vetro dell'Onu. Dal 1951 l'originalità della sua architettura a linee rotonde si afferma a livello internazionale. Ecco nascere a San Paolo del Brasile il parco Ibirapuera, con la sede della Biennale di Arti visive e la Oca, una struttura circolare derivata dalle capanne degli indios. Nel 1956 si concretizza l'evento decisivo della sua carriera: vince con Lucio Costa il concorso per il piano pilota della nuova Capitale, Brasilia, che sostituirà Rio de Janeiro con una città completamente nuova, costruita ed inaugurata in 4 anni e spostata più a nord, nel cuore della savana brasiliana. Decine di edifici recano l'impronta diretta di Niemeyer, dal Palazzo dell'Alvorada a quello del Planalto, sedi del Presidente della Repubblica, e poi le spettacolari cupole concava e convessa del Congresso, il palazzo di Itamaraty, sede del ministero degli esteri. Il suo capolavoro è la Cattedrale, una sorta di astronave atterrata per portare speranza. «Ho evitato le soluzioni delle vecchie cattedrali buie – ha spiegato Niemeyer – che ricordano il peccato. Al contrario, ho fatto scura la galleria di accesso alla navata e quest'ultima l'ho voluta tutta illuminata, colorata, rivolta con le sue belle vetrate allo spazio infinito». Nel 1964 il golpe militare in Brasile cambia per diversi anni la sua vita: «il mio studio è stato saccheggiato – ha raccontato Niemeyer – i miei progetti poco a poco hanno incominciato ad essere rifiutati. Il posto di un architetto comunista è a Mosca, mi disse un giorno un ministro». E a questo proposito, in quegli stessi anni, Fidel Castro lancia uno slogan di successo: «Niemeyer ed io siamo gli ultimi comunisti rimasti a questo mondo». Nel 1967 si trasferisce da esule a Parigi. L'anno dopo nasce il suo progetto più famoso in Italia, la sede della Mondadori a Segrate. Alla fine della dittatura torna in Brasile. Nel 1988 vince il Premio Pritzker, il Nobel dell'architettura. Nel 1996 si aggiudica il prestigioso Leone d'oro alla Biennale di Venezia e nel 2000 disegna gratuitamente il progetto dell'auditorium di Ravello, inaugurato fra non poche polemiche nel primi mesi del 2010. Definiva l'architettura un hobby per dare felicità al mondo. «Essa è – amava dire – una delle mie allegrie. Dare vita alla forma nuova e creatrice che il cemento armato suggerisce, scoprirla, moltiplicarla, inserirla nella tecnica più d'avanguardia. Questo è per me inventare lo spettacolo dell'architettura».

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