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C'è un conflitto costante tra sentimento e ragione nell'ultima raccolta di versi di Corrado Benigni, «Tribunale della mente» (Interlinea).

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Neldettato di rara intensità, Beningni, che nella vita esercita la professione forense, utilizza locuzioni tipiche del linguaggio giuridico (legittimo impedimento, ultimo grado del giudizio, l'onere della prova), che diventano metafore della ricerca nel vivere di «questa verità che ci arriva / in piena fronte come un'accusa». Il poeta sa che «la materia della parola / è la sola forza che abbiamo», per tentare di rispondere di fronte a una legge, ovvero farsi responsabili, mentre «il tempo è la sola giuria / misura di tutte le soglie». Ma «siamo davvero la misura di una colpa / o la memoria di un silenzio ci contiene?». La risposta è forse proprio stare nell'attesa di un giudizio, che è richiamo di ogni verità. Nicola Bultrini

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