Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Intervista con Claudio Damiani «Il materialismo è morto, il futuro è dell'uomo e della natura»

default_image

  • a
  • a
  • a

Ildialogo con le cose e le persone è uno dei caratteri più evidenti del volume e deriva da una reale compassione con tutti gli elementi. «Il libro è come un viaggio in cui io dialogo con varie "persone": un fico in cima a una fortezza, una strada, un monte, una cassiera di un discount, la luna. A un certo punto parlo anche con un atomo di idrogeno. Mentre io sono ansioso per la precarietà dell'essere, loro sono tranquilli e mi insegnano la calma, e tante altre cose». Riprende spesso i temi classici oraziani, il tema della civiltà e della gentilezza. «Sul tema della gentilezza nasce la nostra letteratura: la parola significa "appartenenza all'aristocrazia", ma i nostri primi, e grandissimi, poeti ribadiscono: gentilezza non di sangue, ma di spirito. Poi loro non hanno mai la presunzione di averla raggiunta, la gentilezza, si sentono anzi sempre rozzi e ignoranti, ma, davanti all'epifania della bellezza (che li ha rovesciati come calzini) si sono messi in cammino verso di lei. Per loro amare è il senso vero della vita, e senza cuore gentile non si può amare. Io qui sottolineo che la gentilezza non si acquista per educazione, ma per studio, intendendo con ciò un moto del cuore, ovvero coraggio e, insieme, desiderio di conoscenza». C'è spiritualità nei rapporti tra gli esseri e le cose? «La natura, tutto ciò che esiste (compreso noi), è già lei spirito. Anche per la fisica la materia non è l'unica forma di esistenza. Il materialismo è definitivamente morto, l'ha decretato la scienza stessa. Ora arte e scienza tornano insieme, dicono (imitano) tutti e due, in modi propri (freddo la scienza, caldo l'arte) e oggettivi, la natura. Gli esseri, o enti, che per me sono tutti persone, tutti belli (in quanto forme), dialogano tra loro, in quella lingua che è quella stessa con cui la natura è fatta». Pensando alla sua poesia, si sottolinea sempre l'apparente semplicità del dettato, da che deriva? «Non è tanto un desiderio di farmi capire, quanto di capire io. È come quando si parla tra stranieri, che si cerca di dire cose semplici, molto concrete, si indicano le cose…» Si considera un moderno? «Siamo sempre tutti moderni perché siamo fatti di tempo (e lo facciamo, anche, il tempo); l'arte però lo trapassa, il tempo, in qualche modo lo vince. Per questo sentiamo sempre vivo e attuale Omero, Dante, Shakespeare…».

Dai blog