di Lidia Lombardi C'è un grande dipinto nella sala da pranzo di don Lillio Sforza Ruspoli, l'autorevole e raffinato principe romano.
Èil 1708, la truppa esce da quella che era allora la dimora Ruspoli: il gran palazzo addossato ai Fori Imperiali che un secolo dopo prese il nome di Valentini, dal nome del nuovo proprietario. Ebbene questo edificio non smette di meravigliare. Perché è un'antologia di epoche, vicende, passioni. E perché, pur tanto frequentato e studiato, nasconde ancora segreti. Ha una faccia politica, palazzo Valentini, che è sede della Provincia. Ma l'altra faccia, anzi le viscere, sono colmi di resti antichi, allorché Roma era caput mundi. Nel 2005 il suo sottosuolo ha rivelato due ville romane del IV secolo che raccontano molto della vita di allora. La più estesa apparteneva probabilmente a un senatore, si estendeva per 2 mila metri quadrati e due piani, aveva terme sontuose, acqua corrente, biblioteca. I decori erano pavimenti di opus sectile, intarsi di marmi provenienti dalle provincie dell'impero. Statue anche di due secoli prima riempivano le nicchie. Un «butto», il pozzo nel quale fino al medioevo si gettavano i rifiuti, ha restituito stoviglie e resti di cibi che rivelano come i nostri antenati si nutrissero anche di telline. L'altra casa, addossata e «segata» da un muro tirato su in epoca successiva, è elegante nel porticato e nel pavimento a mosaico. Racconta tutto come in un film l'allestimento multimediale -luci, proiezioni, rumori, ricostruzioni virtuali - realizzato da Piero Angela. Ma questo scrigno - meta quotidiana di 130 visitatori italiani e di 40 stranieri - i quali vedono sotto i loro piedi, attraverso un pavimento di vetro, i fantastici resti - si è recentemente arricchito di una nuova ala. Perché gli scavi proseguono, e il percorso nel tunnel delle meraviglie (nel buio totale s'accendono improvvisi riflettori, a squarciare i tesori del sottosuolo) arriva proprio a ridosso della colonna Traiana, che nella spirale lunga 200 metri racconta la conquista romana della Dacia. Il corridoio - nel quale si aprono celle con le cassette di reperti da catalogare, nel work in progress degli archeologi - a un certo punto squaderna, adagiate come un Polifemo ferito dal sisma seppellì tutto, una coppia di mastodontiche colonne. Che cosa sostenevano? L'ipotesi - raccontata da Angela ancora una volta ricorrendo al 3d - è che reggessero il mai identificato tempio di Traiano, che doveva sorgere tra la basilica Ulpia (questa sì testimoniata dalla selva di colonne ancora in piedi) e le due biblioteche dell'imperatore. Perché insomma, la colonna di Traiano, che svetta solitaria, era inglobata in una serie di costruzioni, come in una specie di sancta sanctorum. Forse si dovrebbe scavare sotto la chiesa di Santa Maria di Loreto che domina con la cupola rinascimentale. Ma tant'è: Roma è una cornucopia zeppa di frutti di ogni stagione ed è difficile districare i suoi misteri. Ai visitatori resta l'emozione di vederla dal sotto in su, la colonna di Traiano. Splendida teofania che appare dietro una grata alla fine del viaggio nelle viscere di Palazzo Valentini.