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La corazzata martire

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Ritrovato nel Golfo dell'Asinara il relitto della «Roma» affondata nel '43 dai tedeschi

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Portandosidietro un segreto, come ci dice nell'intervista qui accanto Folco Quilici. Un segreto che forse venticinque anni fa, quando appunto Quilici intendeva fare un film sulla corazzata Roma, poteva essere interpretato, perché il gioiello della nostra Marina Militare non era ancora troppo sprofondato e le sue parti meno consumate dalla permanenza negli abissi. Dunque, ecco il giallo: che cosa stava per annunciare via radio alle ore 16 del 9 settembre 1943 l'ammiraglio Carlo Bergamini da bordo della «Roma»? Che si sarebbe consegnato agli Alleati o che avrebbe disubbidito ai suoi superiori decidendo, con l'autoaffondamento, di non arrendersi agli americani e di perire eroicamente? Non fece in tempo a parlare perché i tedeschi, diventati nemici dopo l'armistizio, colpirono con due bombe la nave nel punto vitale, per farla esplodere. Ora, a 69 anni dall'affondamento, dagli abissi del golfo dell'Asinara arriva una foto attesa con trepidazione dalla Marina Militare: quella di un cannone 90/50 anti-aereo montato sulla «Roma», il gioiello della Regia Marina affondato dalle truppe naziste provocando la morte di 1.300 marinai. Le prime immagini del relitto, adagiato in più pezzi a circa 1.000 metri di profondità e a circa 16 miglia dalla costa sarda, sono state riprese da Guido Gay, titolare della società Gaymarine srl che da molti anni conduce in zona sperimentazioni di innovative apparecchiature di esplorazione subacquee da lui ideate e costruite. «L'emozione - racconta Gay, che si trova in zona a bordo del catamarano Daedalus - è stata grande per avere ritrovato un relitto storico così importante per la Marina. Ora andremo avanti per completare l'esame del sito dove giace il resto della nave». Per anni, nel tratto di mare compreso tra l'estremità settentrionale dell'Asinara e le Bocche di Bonifacio, si sono susseguite senza successo le campagne di ricerca, complicate dai fondali profondi e dai canyon che rendono incerta l'interpretazione dei segnali captati dai sonar. Ieri, finalmente, è spuntato un pezzo di «Roma». Le immagini sul fondale - dopo che sonar e magnetometro avevano identificato il sito promettente - sono state ottenute dal Pluto Palla, un piccolo sottomarino di 60 chili in grado di raggiungere elevate profondità. Una volta che il robot si è imbattuto nell'artiglieria dell'ex nave ammiraglia della flotta italiana, Gay ha contattato la Marina Militare che ha mandato due ufficiali sul Daedalus per verificare la scoperta. Il responso è stato positivo: il cannone fotografato era proprio uno dei 12 montati sulla corazzata, incapaci però di proteggerla dalle bombe lanciate dagli aerei della Luftwaffe da un'altezza di 5.000 metri, non raggiungibile dalla contraerea presente sulla nave. Nei giorni scorsi un altro team di ricercatori aveva affermato di aver identificato il luogo del relitto. Ma gli annunci, osserva Gay, «devono essere supportati da adeguata documentazione ed io ho le immagini che sono state valutate dalla Marina Militare». La forza armata ha sempre seguito con attenzione i tentativi di ritrovamento del relitto di quella che è una delle sue navi simbolo. Quando sarà stata completata la mappatura della zona, non ci saranno però tentativi di riportare pezzi della «Roma» in superficie. Infatti, al di là degli altissimi costi di un'operazione del genere, per la Marina la corazzata - come tutti i relitti che hanno militari morti a bordo - non si tocca, è un sacrario. E l'ammiraglio Carlo Bergamini, comandante delle forze navali da battaglia della Regia Marina, morto al timone della «Roma», è uno degli eroi.

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