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Il genio che cambiò la musica ha ispirato registi e autori di fumetti A Roma le sinfonie dispari di Beethoven. Il Maestro Rizzari: le migliori

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Mozart,che all'epoca aveva poco più di trent'anni, era al culmine della fama. Era il più famoso compositore al mondo. Il giovane pianista, un sedicenne un po' goffo dai capelli disordinati, alla prima occhiata non fece probabilmente buona impressione a Wolfgang Amadeus che, invece, era celebre, oltre che per la musica, per la sua eleganza e per la sua raffinatezza. Il sedicenne, visibilmente emozionato, tentò un paio di arie al piano. Mozart lo ascoltò immobile, poi disse ai comuni amici: «Bravino, un po' meccanico. Tenetelo d'occhio. Come avete detto che si chiama?» «Beethoven, Ludwig van Beethoven», fu la risposta. Mozart abbozzò un sorriso di circostanza e se ne andò. I due non si vedranno mai più. Ancora Beethoven, venticinque anni dopo. Il musicista è famoso, non ricco perché nella vita, per un motivo o per l'altro, avrà sempre problemi economici. A quarantadue anni è a Teplice, una bella città termale della Boemia, attualmente in Repubblica Ceca, dove compone e cerca di rilassarsi. Un giorno era a spasso con Wolfgang Goethe. Il grande poeta, che aveva circa sessant'anni, gli era stato presentato da alcuni amici. Durante la passeggiata si imbatterono in due ali di folla che si profondevano in ossequiosi inchini. Passava di lì l'intera famiglia imperiale. Il poeta si unì alla folla omaggiante. Beethoven abbozzò una smorfia di disapprovazione, girò le spalle alle teste coronate e se ne andò senza troppi complimenti. Queste due storie della vita del famosissimo compositore danno la misura di un uomo di eccezionale sensibilità, dall'incontenibile travaglio interiore, che viveva forti emozioni, le convogliava nella sua infinita arte ed era dotato di un caratteraccio leggendario. In una parola: Beethoven. Un genio che ha cambiato il modo di fare musica, ma non solo. Il genio di Beethoven arriva ora nella Capitale. Il direttore d'orchestra Carlo Rizzari, con un pizzico di numerologia cabalistica, eseguirà le sole sinfonie dispari del genio di Bonn, alla guida dell'Orchestra e del Coro dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia, nella Cavea dell'Auditorium Parco della Musica dal 4 al 19 luglio. «Perché le sinfonie dispari? Perché sono le più celebri e le meno spensierate. Ma anche perché sono quelle che fanno capire meglio Beethoven dall'inizio alla fine a chi si accosta per la prima volta al compositore tedesco», spiega Rizzari. Il direttore siciliano spera che i suoi concerti beethoveniani sotto le stelle nella Cavea dell'Auditorium possano attirare tanti giovani: «La musica di Beethoven - aggiunge - parte da un dato legato alla vita di tutti i giorni per arrivare a un pubblico vasto. Era un difensore dei diritti umani e un portavoce di tematiche attualissime come la libertà e la giustizia. Nella Quinta Sinfonia, ad esempio, non c'è solo la metafora del destino che bussa alla porta, ma c'è un grande dramma umano che si risolve nel finale». Per Rizzari, il linguaggio musicale del compositore tedesco, pur legato alle regole ferree della «forma sonata», diventa «quasi cinematografico, dilatando la forma classica, procedendo con montaggi da cinema, portando avanti un discorso che si risolve nel finale, verso il quale punta con forza. Un modo per arrivare subito all'ascoltatore perché, come diceva Leonard Bernstein (con il quale Rizzari ha lavorato), in Beethoven c'è sempre un senso di inevitabilità, come se le su note siano appunto inevitabili, non potendo neppure immaginarsi diverse da quelle che sono». È facile prevedere che la speranza del giovane direttore catanese di avere un pubblico giovane diverrà realtà. Beethoven è un classico, ma è sempre piaciuto ai giovani e, in tutto il Novecento, è stato simbolo di ribellione e libertà. Gli imperatori d'Austria ne sanno qualcosa. Ed è anche simbolo di impegno e caparbietà. Beethoven non s'impressionò della bocciatura di Mozart e in tarda età, sordo come un campanaccio, compose le opere più belle. Beethoven, nonostante fosse ben tedesco, «prestò» le prime note della Quinta Sinfonia a Radio Londra, per annunciare programmi che parlavano di libertà all'Europa invasa dai nazisti. «Ludwig van», lo chiamava affettuosamente il teppista protagonista di «Arancia meccanica», capolavoro di Stanley Kubrick del 1971. Kubrick per il suo film, tratto dal romanzo di Anthony Burgess e interpretato da un giovane Malcolm McDowell, volle una versione elettronica di molte arie di Beethoven che, seppure rivisto e rimaneggiato, ha sempre mantenuto il suo carattere. Anzi, il suo «caratteraccio». Beethoven è finito perfino nella «Febbre del sabato sera», con una tremenda versione disco della Quinta Sinfonia di cui si rese reo, nel '77, un tal Walter Murphy. Ludwig van Beethoven, massicciamente radicato nel suo Ottocento non è stato mai snobbato, nemmeno negli anni della più feroce (ed ottusa) contestazione. All'inizio degli anni Cinquanta il fumettista Charles Schulz mise il busto del compositore sul pianofortino di uno dei personaggi principali dei suoi «Peanuts». Il bambino Schroeder suona benissimo e ha un carattere deciso. È l'immagine del suo idolo, del quale celebra con passione il giorno del compleanno, il 16 dicembre. Charlie Brown è l'imbranato, il fan di Beethoven, invece, è il classico «bravo ragazzo».

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