Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Sempre aperta la casa dei Cappuccini

default_image

Il convento romano di via Veneto diventa museo E narra la storia dei frati che dal '500 stanno nel mondo

  • a
  • a
  • a

Prendevail paziente tra le ginocchia, gli dava un pugno in faccia, tirava via il dente con una tenaglia, gli faceva bere un sorso d'aceto e via. Non si è mai ammalato nessuno. Pace e bene!». Così Carmine de Filippis, il Provinciale dei Cappuccini, compendia in un siparietto lo stile di vita dei frati che sulle orme di San Francesco fanno voto di povertà e operosità. Un Ordine nobilitato da Manzoni, per quel fra' Cristoforo che rischia la peste e d'essere accoppato dai Bravi di Don Rodrigo pur di stare in mezzo alla gente e alla Storia, siano guerre o epidemie. Della «socievolezza» dei Cappuccini Padre Carmine è esempio. È un Grande Comunicatore, così come lo fu, negli anni Sessanta, Padre Mariano, in primo piano nella tv con la predica del sabato sera, che tutto era meno che sermone noioso. È infatti Carmine ad accogliere i visitatori nel polo culturale che si apre domani al pubblico nel cuore della Roma mondana, in via Veneto: il Convento dei Cappuccini che riunisce appunto la loro casa, la chiesa, la celeberrima Cripta e ora il museo. Un percorso circolare, tutt'attorno al chiostro lindo di restauro, che comincia appunto con il video «interpretato» dal pio Carmine. «Ti verremo incontro spiritualmente», dice guardando in faccia l'obiettivo, dando del tu all'interlocutore virtuale, dominando la macchina da presa. «Troverai il momento forte del San Francesco che medita sulla vicenda umana - continua, quasi dettando l'agenda della visita - poi, nella Cripta, al contatto diretto con la morte ti chiederai: chi sono io? È tutto destinato a perire per sempre? Anche qui, se allargherai il cuore....». E allora, cominciamolo il viaggio nella casa dei Frati minori, ufficializzati con Bolla del 1528. Prima di tutto: come è nato, questo convento? Per il seguito di vocazioni che ebbe l'Ordine a Roma. Iniziarono con una sede in piazza del Popolo e la cappella di S. Maria dei Miracoli, vicino a quella via Flaminia che conduceva pellegrini e religiosi nella Città Eterna. Presto non bastò a contenere chi indossava il saio e un altro convento fu aperto vicino Santa Maria Maggiore. Ancora trasferimenti: da Sant'Eufemia a San Bonaventura de' Lucchesi, sotto al Quirinale. Infine, la dimora di via Veneto, capace di contenere anche i Capitoli generali. Voluta da papa Urbano VIII Barberini (un suo fratello si fece Cappuccino) proprio nei pressi del grande, barocco palazzo di famiglia. Una cittadella, il convento: 5 corpi di fabbrica, una serie di chiostri, la chiesa, un orto esteso fino a via Bissolati, l'infermeria, il lanificio, il collegio per gli studenti di teologia, la tipografia. Napoleone e poi i re piemontesi scardinarono il complesso, del quale oggi non resta che una parte. Salva la chiesa perché conteneva il monumento a Giovanni Sobieski, il re polacco che vinse i Turchi. Salva la cripta, che riunisce le ossa dei corpi di 3700 frati, riassemblate artisticamente in decori del soffitto, in nicchie, in lampadari che trasformano tibie e bacini, scapole e costole in elementi decorativi. «A dimostrazione che l'Ordine usa e riutilizza tutto, anche i corpi dei morti trasformati in aggraziata architettura», spiega Marco Pizzo, curatore scientifico del Museo progettato da Alessandro Nicosia. La Cripta è l'ultima sezione della raccolta, culmine di un percorso spirituale che spazia dagli oggetti ricchi a quelli poveri. Dai piviali istoriati, dai calici da Messa, da cinquecentine e incunaboli alle ceste di vimini per la questua, ai vassoietti, ai vasi da farmacia, alla cartapesta. Al centro, la sala col quadro di Caravaggio, San Francesco in meditazione. «Con il teschio tra le mani e la croce ai suoi piedi il Merisi, che non era religioso ma che dal francescanesimo fu molto influenzato, raccorda Morte e Resurrezione», dice Claudio Strinati, responsabile della sala dedicata al capolavoro. I ritratti dei santi cappuccini - Felice di Cantalice, che aveva una cella col tetto di canne ripresa da Caravaggio per l'Adorazione dei Pastori di Messina, San Crispino di Viterbo, San Giuseppe da Leonessa - si affiancano alle reliquie, agli oggetti dei frati. Come gli occhiali tondi con la montatura nera che appartennero a padre Mariano. Egli torna a parlarci in spezzoni delle sue teleprediche che un video rimanda. In una comincia: «Cari ragazzi, gli Atti degli Apostoli sono un libro di avventure, i viaggi di san Paolo...». «I Cappuccini vanno dove nessuno vuole andare - ricorda padre Rinaldo, che accompagna gli ospiti nel Museo e scatta foto come un reporter - E questo non è un monastero, ma un convento. Ossia un posto nel quale ci si incontra e dal quale si parte, consapevoli di vivere nella provvisorietà. Sono convinto: il meglio ha da venire».

Dai blog