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Grazie Azerbaigian Così rinascono le antiche catacombe

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Migliaiadi metri di cunicoli, con sale e cripte, spesso decorate con preziosi affreschi. Tra le più belle di Roma c'è la Catacomba di Marcellino e Pietro, sulla via Casilina che, con i suoi 18 mila metri quadri e articolata in tre livelli, è una delle più grandi della Capitale e quella con gli affreschi più belli e preziosi. Al momento lo splendido complesso (la cui responsabilità è del Vaticano) è chiuso e visitabile saltuariamente su prenotazione. Ma presto, grazie all'interessamento (e ai soldi) dalla first lady della Repubblica dell'Azerbaigian, Mehriban Aliyeva, le catacombe saranno restituite al loro splendore e visitabili con regolarità. Il presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, il cardinale Gianfranco Ravasi, ha commentato così alla Radio Vaticana la notizia: «È la prima volta che un grande Paese di religione islamica» manifesta «la generosa disponibilità a sostenere i costi del restauro di uno dei luoghi più cari alla memoria storica e alla fede cristiana». Il restauro verrà offerto dalla Fondazione «Heydar Aliyev», presieduta appunto dalla first lady della Repubblica dell'Azerbaigian. La decisione è stata formalizzata l'altro giorno, alle 17,30, nella sede del dicastero vaticano, dove è stato firmato un documento di intesa dalla presidente della Fondazione e dal cardinale Ravasi, presidente della Pontificia Accademia di Archeologia sacra, che ha la competenza sulle catacombe. «Si tratta - ha osservato ancora il porporato - di un segno di nobile attenzione e di grande valore, proteso verso più intense relazioni interculturali ed un dialogo interreligioso di più ampio respiro». La Catacomba di Marcellino e Pietro sono inserite nel più ampio complesso «Ad duas lauros», sulla Casilina, al terzo miglio di quella che una volta era l'antica via Labicana. L'intera zona faceva parte di un fondo della famiglia imperiale e di proprietà di Flavia Giulia Elena. Le edificazioni più importanti nell'area risalgono al IV secolo dopo Cristo. La costruzione più nota in zona è il Mausoleo di sant'Elena che i romani chiamavano la «Torre Pignatta», dal quale è derivato il nome del quartiere: Torpignattara. Qui c'era l'ospedale dei pellegrini, trasferito poi nel XV secolo a S. Giovanni in Laterano come ospedale del Salvatore. I due martiri a cui sono intitolate le catacombe Marcellino Prete e Pietro Esorcista, morti nel 304, furono cristiani di fede fermissima sotto Diocleziano, il più feroce degli imperatori. I due, sfidando minacce e condanne, anche in prigione diffondevano il messaggio di Gesù e per questo subirono il martirio. Dopo crudele prigionia e moltissimi tormenti, i due vennero flagellati, si eseguì la condanna a morte. Marcellino e Pietro furono decapitati, sull'antica via Cornelia, in una zona denominata Sylva Nigra, poi chiamato Sylva Candida in onore dei martiri. I loro corpi furono sepolti nelle catacombe e il loro sepolcro fu poi adornato con versi da san Damaso Papa. Neanche da morti i due martiri riposarono in pace: le loro reliquie furono spostate in varie città, in parte portate anche in Francia. I santi furono venerati nelle prime epoche del Cristianesimo e sono santi dalla Chiesa cattolica e anche per quella ortodossa. In epoche più recenti il loro culto si è via via affievolito. Chissà, forse torneranno famosi grazie all'interessamento della Repubblica dell'Azerbaigian. E non deve stupire che l'impegno per restaurare un monumento di casa nostra arrivi da tanto lontano: non bisogna dimenticare che il restauro degli affreschi della Cappella Sistina, uno dei più importanti, complessi e difficili del Novecento, fu finanziato dall'azienda televisiva giapponese Nippon Television Network Corporation, che elargì 4,2 milioni di dollari americani. In cambio l'azienda nipponica chiese l'esclusiva per le riprese del restauro.

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