Bradbury, vate della fantascienza
Lanotizia della sua morte (arrivata on line sul Los Angeles Time) è stata confermata da sua figlia Alexandra. Nato nel 1920 in Illinois, Bradbury già a 14 anni aveva cercato fortuna a Los Angeles, sua città d'adozione: è lì che scoprì il mondo della fantascienza, di cui diventò innovatore e allo stesso tempo grande vate. Negli ultimi anni aveva rallentato la sua attività, per motivi di salute (un infarto lo colpì nel 1999 lasciando segni tangibili sul suo fisico costretto su un sedia a rotelle), ma era comunque rimasto attivo e instancabile, scrivendo nuovi racconti, commedie e un libro di poesie, aiutato dalla figlia che li batteva al computer. Il grande successo arrivò con il racconto «Fahrenheit 451» del 1953 (che ha venduto oltre 10 milioni di copie nel mondo), divenuto poi anche un film, diretto da François Truffaut con Julie Christie (1966). Bradbury nel mondo del cinema si avvicinò anche come sceneggiatore, iniziando con il «Moby Dick» di John Huston. Ma certo il suo talento più ambizioso lo ha regalato tutto ai racconti di fantascienza. Insieme con Isaac Asimov (inventore degli androidi) e Arthur C. Clarke (2001 Odissea nello spazio), Bradbury era amatissimo dai lettori del genere. I suoi due libri più famosi («Cronache marziane» e «Fahrenheit 451») sono stati pubblicati fin da subito in collane di narrativa generica, ed è persino capitato spesso che i suoi racconti fossero inclusi in antologie per le scuole. Il fantastico mondo di Bradbury è sempre sfumato e ha come sfondo storie poetiche e visionarie ambientate nelle piccole comunità agricole del Middle West, ma magari traslate su Marte. Nella sua ricostruzione di una realtà plausibile affiorano emozioni e intrecci che non fanno però mai ricorso ad alieni improbabili o a guerre galattiche devastanti. Rivoluzionò la fantascienza grazie alla sua sensibilità, che evocava sempre un rimpianto per un mondo d'innocenza perduta. Questa poesia si ritrova in tutti i suoi libri, pubblicati in gran parte da Mondadori, i primi nella storica Urania. Fra questi, «L'estate incantata», «Paese d'ottobre», «La fine del principio», «Lo Zen nell'arte della scrittura», Constance contro tutti» e «Corpo elettrico». Sulla quarta di copertina di «Cronache marziane» (ed. Oscar 1972) si sottolinea che «è nato un nuovo originalissimo scrittore, per il quale la fantascienza non è che un pretesto per dare sfogo all'estrosa fantasia, e per una protesta contro la vita di oggi che tende, con troppo facile materialismo e commercialismo, a distruggere l'elemento poetico e fiabesco, ideale dell'uomo e della sua storia». Oggi le cose sono molto cambiate, la cultura ufficiale ha preso atto dell'esistenza della fantascienza e diversi altri autori sono stati assimilati, da William Gibson a Philip K. Dick, per esempio. Nel profetico «Fahrenheit 451» (la temperatura alla quale la carta dei libri si brucia) racconta un mondo che combatte libertà di pensiero e cultura e dove i sovversivi imparano a memoria i testi fondamentali, da Shakespeare a Dante, per tramandarli. Nel romanzo breve si inneggia alla libertà, mentre dei rivoluzionari nascosti in una foresta leggono libri che le autorità vogliono bruciare, affidando il lavoro ai pompieri. In una trama che da un lato rimanda ai roghi nazisti, dall'altro risentiva del clima di caccia alle streghe del maccartismo americano, spicca un pompiere che s' innamora di una ribelle e, allora, gli si apre un altro universo. Anche il mondo reinventato da Truffaut nel film è degli anni '60 ma rievoca fantasmi del passato (il nazismo), tra inquietudini del presente (l'incomunicabilità) e un futuro minaccioso. Figlio di un operaio e di una casalinga di origini svedesi, dell'Illinois, per la Grande Depressione nel 1934 si trasferì in California come molti altri concittadini. Per il cinema scrisse la sceneggiatura del cult «Moby Dick» di John Huston. Grande narratore e magistrale autore di racconti, firmò il romanzo «I sing the body electric» che nei primi anni Settanta ispirò uno dei dischi capolavoro del gruppo jazz rock dei Weather Report. Saranno circa una quindicina i film per il grande e piccolo schermo che attingeranno alle sue opere, a firma di registi come Michael Anderson, Jack Clayton e Jack Smight. Famosi anche i suoi racconti «Il piccolo assassino», «Morte a Venice», «Omicidi d'annata». Ormai ultraottantenne si irritò molto quando Michael Moore usò il suo titolo per realizzare con "Fahrenheit 9/11" l'atto d'accusa contro George W. Bush. Ieri l'immancabile Saviano ha citato una sua frase famosa: «I buoni scrittori toccano spesso la vita. I mediocri la sfiorano con una mano fuggevole. I cattivi la sforzano e l'abbandonano».