Max Pezzali retrò «Il mio uomo ragno ci salverà dalla crisi»
MaxPezzali ha vent'anni di più ma ha ancora l'entusiasmo di un ragazzo agli esordi quando parla di «Hanno ucciso l'uomo ragno 2012». Oggi torna alla carica con i brani che gli hanno portato fortuna nel 1992 e gli offrono l'occasione per parlare di musica, politica e sogni di futuro. Questa volta, però, con lui non ci sarà solo Mauro Repetto ma tutte le nuove leve del rap italiano, da J-Ax a Emis Killa e Club Dogo. Per loro Pezzali non si sente un padrino ma vuole essere una sorta di ispiratore. Max Pezzali, cosa vuol dire per lei risuonare le canzoni che l'hanno fatta conoscere al grande pubblico? Vuol dire rivivere l'entusiasmo e l'ingenuità che si respirava all'inizio degli anni Novanta. Cos'è cambiato in Italia da allora a oggi? Sembrava l'alba di una nuova era. Sembrava che di lì a poco sarebbe cambiato tutto. Ci sentivamo un popolo invincibile. Era l'alba di Tangentopoli e c'era un'aria diversa nel Paese. Poi in realtà è cambiato tutto per non cambiare niente. Oggi, invece, si respira un'aria di oppressione e pessimismo e sembra che il futuro non possa portare nulla di buono. Non si può fare proprio nulla per migliorare un po' le cose? Vorrei che l'energia e la positività che si sprigionano dalle canzoni di questo disco potessero essere contagiose e contribuissero a cambiare il corso degli eventi. Anche oggi. Nelle nuove versioni delle canzoni di «Hanno ucciso l'uomo ragno 2012» ci sono anche molti giovani esponenti del rap italiano. Si sente per loro una sorta di padrino? Padrino direi proprio di no. Ma certamente vorrei che la mia esperienza e il mio successo facessero dire a qualcuno: se ce l'ha fatta Max Pezzali ce la posso fare anch'io. Vorrei spronare la gente a provarci, a credere di poter davvero cambiare le cose. Dietro l'operazione Uomo Ragno si nasconde anche un po' di effetto-nostalgia? Assolutamente no. È solo uno scambio tra generazioni, tra me e i giovani rapper ai quali voglio trasmettere un po' di ottimismo. L'idea è nata quasi per caso e proprio da loro, quando durante un live li ho sentiti cantare le mie canzoni più famose. All'epoca qual è stato il vero segreto del successo di «Hanno ucciso l'uomo ragno»? La sua assoluta imprevedibilità. Nessuno aveva previsto che potesse uscire una canzone come quella. Uscì nelle radio come un fulmine a ciel sereno e arrivò come un pugno in faccia. Dietro la sua fortuna c'è anche lo zampino di un talent scout di prim'ordine come Claudio Cecchetto. Qual è il suo segreto? Il grande dono di Claudio Cecchetto è che lui ha l'ascolto e la sensibilità che ha lo spettatore medio. Riesce sempre a prevedere con esattezza cosa piacerà al grande pubblico. E questo è un aiuto formidabile in questo lavoro. Quali sono i suoi prossimi progetti? Dopo l'estate mi piacerebbe fare una tournée solo con le canzoni dei miei primi due album. Non sarà facile perché se non suono anche le canzoni più recenti i miei fan non mi fanno uscire dai palazzetti o dagli stadi dove suono. Dopo «Hanno ucciso l'uomo ragno 2012» non ci pensa proprio a un album di inediti? Sto lavorando anche agli inediti ma ci vuole tempo. In questo momento sto buttando giù qualche appunto.