Garrone meritava la vittoria. A dispetto dei critici stranieri

Eancora una volta con Garrone, e un altro Grand Prix dopo «Gomorra» del 2008. Nel Palmares 2012 ci sono comunque tutti registi già premiati nelle scorse edizioni della kermesse francese. E, anche se il grande Resnais, la brava Cotillard e il commovente Audiard non hanno avuto riconoscimenti, di fatto la Francia è presente (come produttrice o co-produttrice) in molte opere premiate. Curioso che, appena è stato nominato il regista italiano vincitore a Cannes, qualche protesta si sia sollevata da parte della stampa estera. C'erano alcuni americani, delusi di non aver ricevuto alcun premio, e soprattutto qualche critico d'Oltralpe che ha insinuato la troppa attenzione del presidente Moretti nei confronti del suo "protetto" Garrone, che proprio con Nanni ha iniziato la sua carriera. Ma se i più conoscessero meglio Moretti saprebbero bene che non è uomo da mezze misure, né da attenzioni particolari verso film solo perché sventolano il tricolore. Come ha giustamente sottolineato Moretti: «Garrone non l'ho votato solo io, a colpire gli altri giurati è stata la miscela di humour e dramma che rinnova la tradizione della commedia all'italiana», anche se ha poi aggiunto che per ogni film è stato difficile raggiungere l'unanimità della giuria. D'altra parte, se gli americani sono bravi a sfornare star e storie pop, un po' meno lo sono quando devono fare i conti con opere cinematografiche più raffinate adatte al festival di Cannes. In verità, «Reality», in un'annata dove di capolavori non se ne sono visti, ha fatto la sua gran bella figura in mezzo alle altre pellicole in concorso. L'Italia vince pure con le distribuzioni: la Bim di De Paolis ha comprato 3 film premiati («Beyond the Hills» di Mungiu, «The Hunt» di Vinterberg e «Angels'Share» di Loach), Teodora porta a casa la Palma d'oro di Haneke con «Amour», Rai e Fandango il «Reality» di Garrone e la Archibald il visionario «Post Tenebras Lux» di Reygadas. E mentre tutti sussurravano alla festa, sulla spiaggia del Majestic, del dopo festival che Haneke è sempre stato poco simpatico a Moretti, il direttore Freamux ha risposto ironico: «Allora è stato davvero gentile ad offrirgli una Palma d'Oro». Una cosa è certa: Moretti è un gran testardo e ha saputo far rispettare i suoi gusti cinematografici. Premiando anche la commedia leggera e d'impegno politico del britannico Kean Loach. L'unico rimpianto? Non aver visto salire sul palco dei premiati Kylie Minogue e il visionario Carax di «Holy Motors». Ma, alla fine, Cannes in salsa italiana è piaciuta a tutti. Dina D'Isa